Solo con il risanamento dei bilanci l’ateneo senese può garantire una formazione di qualità

Eugenio-NeriEugenio Neri. L’Università è uno dei motori propulsivi della città. Le vicende giudiziarie attualmente in corso dimostrano che l’Ateneo è ancora in notevole affanno. Se Siena vuole uscire dalla crisi, l’Università non può prescindere da alcuni punti. Il primo è il risanamento dei bilanci. Solo un Ateneo sano è un Ateneo appetibile per gli studenti, poiché in grado di garantire una formazione di qualità. Un risanamento che, come ho ricordato più volte, non può e non deve avvenire esclusivamente a spese delle categorie più deboli di lavoratori (coop. “Solidarietà”, CEL, e dipendenti che si sono visti negare il salario accessorio). Al contrario, deve considerare anche una razionalizzazione delle sedi decentrate. Il secondo punto è il rilancio della ricerca. Un fine perseguibile soltanto attraverso una parola d’ordine: meritocrazia. Vanno premiati i docenti che contribuiscono in modo fattivo e reale all’accrescimento del sapere, non quelli che si limitano ad assolvere compiti burocratici. In passato l’Ateneo è stato utilizzato come trampolino di lancio di future carriere politiche. E su quest’altare sono state bruciate risorse ingenti, non solo economiche, della nostra università. Anche l’integrazione di livello regionale, nazionale e sovranazionale è un versante su cui lavorare. L’Università, nel suo ruolo di produttore di conoscenza, è naturalmente portata all’interconnessione con gli altri atenei. Un’inclinazione che va incentivata, in modo da consentire la realizzazione di sinergie a livello didattico, formativo ed anche organizzativo. L’Ateneo è una delle ricchezze di Siena, in grado di contribuire all’uscita dalla crisi della città. Un bene troppo prezioso per essere lasciato a sé stesso.

Un anno fa De Risi chiedeva le dimissioni di Riccaboni ora, insieme a Tucci, chiede risposte esaurienti e chiare

Tucci-DeRisiIl 13 maggio, il giudice del lavoro condanna l’Università di Siena a pagare il salario accessorio 2011, illegittimamente sospeso al personale tecnico e amministrativo da Riccaboni e Fabbro. Da quel momento, “Il senso della misura” comincia a pubblicare le posizioni sull’argomento rinvenute sulla stampa e in rete: quella di Eugenio Neri, di Francesco Giusti, di Laura Vigni, di Marco Falorni, di Pierluigi Pelosi, di Bruno Valentini, di Michele Pinassi, dei sindacati Uil, Cisapuni, e Usb. Manca quella d’Alessandro Corsini, Mauro Marzucchi ed Enrico Tucci, che restano silenziosi. Mi rendo conto che qualcosa può sfuggire, anche perché, l’unico candidato a sindaco che sistematicamente invia i suoi comunicati al curatore del blog è Laura Vigni. Sei giorni dopo, questo blog pubblica altri interventi (Gianni Guazzi, Katia Leolini, Carlo Regina) e, nel contempo, sollecita, con garbo e un pizzico d’ironia, i tre candidati a pronunciarsi sulle dimissioni o sulla “beatificazione” di Riccaboni e Fabbro. Un commento anonimo (Il Tolkeniano) segnala la posizione di Tucci sulla vicenda, di seguito integralmente riproposta. Fin qui nulla da eccepire, una migliore pubblicizzazione delle posizioni del candidato avrebbe evitato l’equivoco.

La seconda parte del commento, del tutto irricevibile, impone, però, alcune precisazioni. Dal link indicato dal Tolkeniano si vede che la posizione sull’università della lista “Cittadini di Siena” viene postata il 17 maggio: a questo punto, però, la sentenza del giudice del lavoro ha ceduto il passo a un nuovo argomento, l’udienza in Tribunale sul dissesto dell’ateneo. Non è vero, come dice “Il Tolkeniano” che sia una posizione molto vecchia. Di vecchio, c’è la mozione di Gabriele Corradi ed Enzo De Risi della Lista “Per Corradi” (del 12 febbraio 2012), consultabile nella sua forma integrale proprio su questo blog. A distanza di 15 mesi, è pur sempre necessario che De Risi chiarisca, pubblicamente, che la sua posizione non sia cambiata e che, soprattutto, sia condivisa da Tucci e dalla nuova lista “Cittadini di Siena”. Prendo atto che ciò è avvenuto l’altro ieri con il post sul sito della lista, anche se, trattandosi di una posizione vecchia di un anno, è arrivata troppo tardi rispetto alla sentenza del giudice del lavoro. Risulta, pertanto, indebito e inaccettabile il finale del commento che suggerisce una mia precisa volontà di danneggiare Tucci, attraverso l’accostamento ingiustificato “a quegli altri due”.

Enzo De Risi (candidato lista “Cittadini di Siena”). Si chiede al Sig. Sindaco:

− che, in ragione del legame secolare tra il Comune di Siena e l’Università degli Studi di Siena, si attivi immediatamente per chiedere al Rettore, e di conseguenza a tutti i componenti dell’attuale amministrazione, di rimettere il mandato nelle mani del Ministro dell’Università e della Ricerca, per consentire di far rientrare l’Ateneo Senese in un contesto di legittimità, legalità e trasparenza, unici elementi costitutivi per il risanamento e il rilancio dell’Università degli Studi di Siena, bene primario della Città e del territorio;
− di valutare la possibilità che il Comune di Siena si costituisca parte civile in eventuale azione giudiziaria, e/o a procedere ad un’eventuale azione di responsabilità verso coloro che saranno riconosciuti responsabili del dissesto, anche in linea con quanto dichiarato dalle stesse forze di maggioranza, e diffuso con specifico volantinaggio in occasione dell’apertura dell’anno accademico 2012.

Questa la conclusione di una mozione da me presentata il 12 febbraio 2012, mai messa all’ordine del giorno.

In queste ultime settimane continuano purtroppo ad accumularsi notizie negative sulla gestione amministrativa dell’Università, dalle dimissioni del presidente del Collegio dei Revisori dei Conti al recentissimo pronunciamento del Giudice del Lavoro che impone il pagamento dell’indennità accessoria al personale tecnico-amministrativo condannando l’Università al rimborso delle spese legali dei ricorrenti, passando per la condanna dell’ex-Rettore Focardi per spese non giustificate.

Spiace dover constatare, dopo poco più di un anno dalla presentazione di quella mozione nella quale invitavo il Rettore a riconsiderare il suo ruolo, come l’Ateneo senese sia stato continuamente oggetto d’indagini e sentenze senza che nessuno abbia, per ora, avuto il buon gusto di fornire chiarimenti o magari di scusarsi.

Spiace anche ricordare che questa mozione, da me fortemente voluta, non sia mai stata discussa, forse anche per volontà di quei consiglieri che ora si proclamano araldi del cambiamento, ma all’epoca erano occupati a tutelare le loro poltrone nel Monte dei Paschi e nelle varie società del gruppo e noncuranti dei gravi problemi dell’Università.

Oggi siamo al punto che il Direttore Amministrativo è stato sonoramente bocciato dal Giudice e non sente nemmeno il bisogno di dare una spiegazione. È possibile che di fronte a tanta, purtroppo acclarata, inadeguatezza non si cerchi di provvedere correggendo gli errori e gli atteggiamenti, anziché perseverare?

Mi auguro che il Rettore stavolta si renda conto che è giunto il momento di dare risposte esaurienti e chiare ai futuri amministratori, ma soprattutto alla cittadinanza.

Indifferibili le dimissioni del rettore e della direttrice amministrativa che, ormai, sono il “problema” del nostro Ateneo

Marco-FalorniMarco Falorni (candidato a sindaco). La sentenza del giudice del lavoro di Siena, che conferma il diritto dei lavoratori dell’Università di vedersi riconosciuto quel salario accessorio che dal 2011 gli era stato abusivamente sottratto, fa giustizia di un arbitrio contrario non solo alla legge, ma anche alla comune morale. Questa decisione, inoltre, sottolinea in modo emblematico la pesante responsabilità amministrativa e politica della dirigenza dell’Ateneo, che ha preteso di fronteggiare la grave crisi finanziaria dell’ente, non ponendo fine agli sprechi che l’avevano prodotta, bensì facendone ricadere il peso sui lavoratori, che in questo caso hanno visto decurtata parte della loro retribuzione, in altri, come per i lavoratori della cooperativa solidarietà, sono stati licenziati. A questo punto giudichiamo indifferibili le dimissioni del rettore e della direttrice amministrativa, atto che già da tempo avrebbe dovuto essere compiuto per le note e ancor più gravi ragioni. Chiunque ritenga davvero che per Siena l’Università è un’istituzione strategica e vitale dovrebbe sentire il dovere di fare propria questa richiesta, invece di indulgere a compromessi e aperture di credito verso coloro che ormai possono essere definiti “il problema” del nostro Ateneo.

Per garantire al vertice dell’ateneo senese la massima autorevolezza è necessario procedere a nuove elezioni del rettore

Marco-FalorniMarco Falorni. Nonostante le gravi difficoltà del bilancio dell’ateneo dovute alle ultime gestioni, e che la presente non è ancora riuscita a risolvere, la nostra Università resta una risorsa fondamentale per Siena, una ricchezza che da secoli è parte dell’identità cittadina, della sua economia, del suo tessuto sociale. L’Università andrà quindi difesa con ogni mezzo e in ogni sede.

Il Comune non ha competenze dirette sull’Ateneo, ma può coordinare con i vertici, meglio se liberi da dubbi sulla legittimità della loro permanenza in carica, politiche e iniziative in materia di urbanistica, cultura, servizi agli studenti eccetera. Sarà opportuno stimolare gli enti competenti al fine di potenziare le capacità di accoglienza abitativa pubblica degli studenti fuori sede, e si renderà in ogni caso necessario migliorare i controlli sulla regolarità delle locazioni private agli studenti. Il Comune richiederà inoltre una revisione statutaria dell’Ateneo per ripristinare, come era in passato, la presenza in consiglio di amministrazione di un rappresentante dell’Amministrazione comunale, con il quale rapportarsi per ogni forma di coordinamento tra le due istituzioni.

L’esigenza di garantire al vertice dell’Ateneo, in questa fase così difficile, la massima autorevolezza, senza alcun dubbio sulla legittimità della permanenza in carica dei vertici, impone di invitare il rettore a porre in essere sollecitamente gli adempimenti necessari per procedere a nuove elezioni.

Anna Giunti (Impegno per Siena). Il direttore amministrativo e il Rettore dovevano risanare il bilancio della nostra Università che è stata sempre un fiore all’occhiello della nostra città, ma il risultato sembra essere l’opposto. Sono stati fatti spostamenti del personale in esubero da una sede all’altra: ma non si può mandare persone che per una trentina d’anni hanno lavorato in amministrazione a fare la didattica da un giorno all’altro e viceversa. Questo provoca un disservizio agli studenti che pagano le tasse non per avere questo, ma per essere seguiti nei vari problemi che possono avere. Hanno mandato professori in pensione e va bene, ma non gli si fanno nuovamente contratti per insegnare, ci sono tanti ricercatori a cui affidare tali insegnamenti e lo stipendio è certamente inferiore. Invece sono stati tagliati i più deboli: 64 persone della Cooperativa Solidarietà a casa e delle ore al personale delle pulizie. Ora spero che qualcuno si accorga di questo perché con tutte queste manovre più che il risanamento si voglia il tracollo dell’Università.

Rabbi Jaqov Jizchaq. Per proseguire la carrellata di considerazioni surreali dei politici locali sul cadavere dell’università, leggo questa enigmatica presa di posizione di Anna Giunti e letteralmente non capisco di cosa diavolo stia parlando: risulta anche a voi che mr. Bartleby, dopo trent’anni di onorato servizio come solerte impiegato dell’ufficio pensioni sia stato comandato in cattedra ad insegnare contro la sua volontà Astronomia Extragalattica? Ma siccome tutto è possibile, la prego signora, faccia i nomi: confesso che mi è toccato vedere di peggio. “Hanno mandato i professori in pensione e va bene“? Scusi signora, concordo sul fatto che quei contratti sarebbero stati meglio spesi per favorire l’accesso, almeno temporaneo (visto che il reclutamento è bloccato), di qualche giovane, ma come crede che abbiano convinto gli interessati a prepensionarsi, se non in cambio di un lauto compenso economico che equilibrasse quello che in tal modo perdevano?

Coloro che hanno ceduto il contratto a un giovane, mi risulta siano stati due in tutto l’ateneo. Che dei precari extra luxe, quali i prepensionati, guadagnino venti volte di più di un precario normale a parità di ore di lavoro, è in effetti abbastanza iniquo e non “va bene” proprio un accidente. Inoltre i prepensionati-riassunti, in quanto usciti di ruolo, non contano negli infernali conteggi dei “requisiti di docenza” e pertanto non va bene proprio niente. Si smantella inevitabilmente mezza università un po’ a cacchio: dunque non “va bene” proprio un cavolo!

Da più di mille a meno di seicento docenti (meno di un terzo di Pisa) tra cinque anni e… “va bene”, cioè non cambia niente?!?!?! In che senso “va bene”? Mille amministrativi e poco più di cinquecento docenti e va bene? Amministrativi i quali fra un po’, se continui a chiudere roba e perdere pezzi, non sapranno che cavolo amministrare e “va bene”?!?!?! Amministrativi (o sarebbe meglio dire tecnici) che insegnano immagino che ve ne siano, sebbene non certo nei modi surreali che la signora descrive: dove? Quanti?

In ogni caso per legge non possono essere conteggiati neanche loro nei requisiti di docenza e dunque non saranno certo in numero rilevante: devo ripetere che ci vogliono 12+8 distinti e non riciclabili docenti di ruolo in una precisa miscela per dar vita ad un corso di laurea e che la fonte dei problemi, adesso, nel momento in cui va via a casaccio un docente su due, è proprio la caduta di tali requisiti? Delle due l’una: o cambi la legge sui requisiti minimi di docenza, che in quella misura non esistono in Europa e fai lavorare di più i docenti che hai (è così che funziona in Germania: con meno persone fanno più cose, ma questo è affare del parlamento e i requisiti minimi li inventò Mussi e li ribadì miss. Neutrino), oppure vai verso le soluzioni del tipo di quelle che ho additato nei precedenti messaggi: tertium non datur, smettiamola con le sciocchezze.

Ma insomma, questi poi continuano a parlare a vanvera di “eccellenze” da salvaguardare, proprio mentre si stanno di fatto cancellando anche i dottorati di ricerca: “Sono requisiti necessari per l’accreditamento… per ciascun ciclo di dottorati da attivare, la disponibilità di un numero medio di almeno sei borse di studio per corso di dottorato attivato, fermo restando che per il singolo ciclo di dottorato tale disponibilità non può essere inferiore a quattro” (Decreto Ministeriale 8 febbraio 2013 n. 94). Orbene, a questi lumi di luna sei borse sono roba da nababbi e non ce le ha quasi nessuno; dunque o si fanno ancora dei grandi calderoni con dottorati immaginari nelle Supercazzole socio-psico-medico-fisico-storico-chimico-algebrico-botanico-prematurate, o si va nella direzione che ho auspicato “ad nauseam” nei precedenti messaggi.

Non ho chiaro cosa intenda per “ricercatori” la suddetta signora, ma i ricercatori strictu sensu (ex terza fascia) già ad oggi mi risulta costituiscano oltre il 40% dell’intero corpo docente senese residuo; percentuale che desumo sia destinata ad aumentare man mano che la gente continua ad andare in pensione, essendo quelli meno anziani, anche perché uno non è che nasce “ricercatore”, ma se da sette o otto anni non esistono concorsi e chissà per quanto durerà l’astinenza (in molti settori, a Siena, durerà per sempre), come fa a diventare associato? La informo altresì che normalmente insegnano, non è che devono essere sollecitati da qualcuno a farlo: un anno fa le competenti autorità avevano pateticamente fissato un monte ore massimo (90 ore contro le 120 di associati ed ordinari) per dimostrare non so che cosa, ma dopo un solo anno il tetto è stato abolito, perché era del tutto evidente che fissando quel limite avrebbero provocato un altro cataclisma nei corsi di studio, data la attuale mancanza di docenza; anzi, se va a vedere nel sito del MIUR si rende conto di quanti siano i ricercatori che addirittura sono rimasti gli unici di ruolo nei rispettivi settori disciplinari (e in nessuna università ove abbia senso parlare di ricerca c’è un solo esponente di un settore disciplinare).

Mi pare abbastanza incredibile: quando parlano, che so, del Monte dei Paschi, tutti i politici ritengono giustamente indispensabile farlo in maniera abbastanza informata; quando parlano di Università, ognuno pensa di poter sparare la prima puttanata che gli viene in testa, la coglionata che ritengono possa far presa sul popolino che chiede la testa dei chierici, perché tanto va bene sputare sull’università (cioè in uno dei piatti dove qusta città storicamente mangia) del tutto a prescindere da dati di fatto, cifre, problemi reali, responsabilità (politiche e penali), regolamenti, leggi dello stato. È intollerabile da parte dei politici una simile ignoranza e superficialità: per piacere, esistono le leggi dello Stato, che avete fatto voi, non è che ce le ha portate la Befana: le avete lette? Leggete per favore le leggi che voi stessi ci somministrate, smettete di parlare a vanvera!

Sull’università: botta e risposta tra Eugenio Neri, candidato a sindaco di Siena, e Rabbi

Eugenio-NeriEugenio Neri. Merito, verifica della produzione scientifica, competitività e programmi. Un paese e un buon governo si misurano anche in base a quella che è la sua capacità di produzione formativa e di competenze sul piano internazionale. La nostra storia universitaria è stata un fiore all’occhiello dell’intero paese per secoli e deve tornare ad essere quell’eccellenza di cui andare fieri e da cui riuscire a trarre il giusto profitto competitivo sul piano internazionale, non solo nazionale.

Risanamento, equo e realistico in ottica di rilancio dell’ateneo; rilancio e ottimizzazione della ricerca; incubazione di creatività e garanzia del livello scientifico; rapporti sempre più stringenti con le diverse realtà produttive; alta specializzazione; reclutamento di giovani talenti; riorganizzazione e innovazione didattica; valorizzazione di competenze e risorse umane; nuovo spirito d’impegno e solidarietà; pari opportunità nel mondo delle intelligenze; nuova governance, efficienza ed efficacia dei servizi; ottimizzazione e adeguamento sistema bibliotecario; integrazione regionale e nazionale; sviluppo di reti formative.

L’Università è un bene collettivo della città e la responsabilità va ben oltre la sua autonomia. Si tratta del rispetto della Legge e del rispetto di un’etica: lavoro, pari opportunità, merito. L’ateneo deve essere il motore del rilancio della città. Chiediamo progetti e credibilità delle persone, standard internazionali di valutazione delle carriere, serietà della ricerca e non più docenti a “impact (factor)” zero.

In passato l’ateneo non è stato utilizzato come una risorsa di Siena e per Siena ma come il trampolino di lancio di future carriere politiche. E su quest’altare sono state bruciate risorse ingenti, non solo economiche, della nostra università. Un modo di fare che, nonostante la crisi, pare difficile da superare: basta guardare nelle liste che sostengono il candidato della restaurazione politica del sistema-Siena.

Rabbi Jaqov Jizchaq. Con riferimento al 2° capoverso dell’intervento di Neri, di grazia, si può sapere come realizzerebbe queste cose, in palese controtendenza con ciò che sta accadendo sotto il sole? Il dato più evidente e più eloquente, che letto alla luce delle vigenti severissime e oltremodo cervellotiche leggi sulla sostenibilità dei corsi di studio per quanto riguarda la docenza rivela chiaramente come da qui a pochi anni a Siena rimarrà ben poco, è il dimezzamento del corpo docente: in teoria ne resterebbero per una trentina di corsi (12+8 docenti per corso non riciclabili quanto ad afferenza), ma è un calcolo puramente e inutilmente teorico: un “upper bound”, naturalmente, perché bisognerebbe che il destino cessasse momentaneamente di essere cinico e baro e che per avventura andassero in pensione esattamente le persone che non ti servono nei settori ove sono in abbondanza, fatto la cui probabilità è prossima allo zero.

Non ripeto per intero ciò che ho detto nei precedenti post, ma batto sullo stesso tasto, perché repetita iuvant: il silenzio assordante è sospetto e m’induce a continuare il martellamento; è infatti norma fondamentale del giornalismo ripetere una domanda all’interlocutore recalcitrante, finché non si ottiene una risposta: Siena, per le ragioni suddette, non ce la fa più a sostenere diversi settori della sua offerta formativa, anche perché, sebbene vi siano molte persone che vi lavorano, queste non bastano o non basteranno da qui a breve a soddisfare i tirannici ed esagerati “requisiti di docenza” previsti dalle leggi, a causa del pensionamento di circa metà dei docenti. Visto che è stato accorpato l’accorpabile (con effetti, peraltro, abbastanza nefasti), la soluzione di ulteriori mescoloni senza capo, né coda è anch’essa preclusa.

Pertanto, non solo non si capisce come potrebbe scaturire una qualche “eccellenza”, laddove semmai il destino è perdere anche quelle che c’erano, ma ci si ritrova oltretutto nella situazione paradossale che il dimezzamento dei docenti sta provocando e provocherà come “effetto collaterale” quello di non saper cosa fare di molte delle energie vitali e delle professionalità che resteranno, una volta chiusi i corsi a causa della fuoriuscita degli altri. La situazione assurda che si va delineando è pertanto la seguente: avrai due impiegati per ogni docente, ma la ricerca e l’offerta formativa – di conseguenza le iscrizioni – annichilite e dulcis in fundo una parte cospicua del personale docente inutilizzabile. Bel capolavoro, no, a proposito di “valorizzazione di competenze e risorse umane”?

Laura Vigni, candidata a sindaco di Siena, chiede le dimissioni del rettore dell’università

Laura-VigniLaura Vigni. Il rinvio da parte del Tribunale di Siena della decisione sul ricorso dei lavoratori dell’Università riguardante il salario accessorio, prolunga ancora lo stato d’incertezza in cui restano tanti lavoratori dell’Università mentre sull’istituzione si addensano altre nubi. 
Purtroppo, come avevo già denunciato in un mio intervento datato 11 novembre, si è invece aggravata ulteriormente la situazione dei lavoratori della Cooperativa “Solidarietà” che – al contrario di quanto il Rettore Angelo Riccaboni mi aveva assicurato in occasione di un incontro sollecitato dallo stesso Riccaboni dopo quel mio intervento – cesserà ogni rapporto con l’Ateneo dal prossimo aprile, lasciando 64 lavoratori in cassa integrazione. A fare le spese di un piano di risanamento di dubbia efficacia, come nelle peggiori e più facili previsioni, sono quindi ancora una volta i più deboli, meno tutelati.

Illuminante infine, appare la valutazione negativa del Collegio dei Revisori di Conti dell’Ateneo formulata nell’ultima relazione, nella quale «si esprime parere contrario all’approvazione da parte del Consiglio d’amministrazione dell’Università di Siena del bilancio unico d’Ateneo di previsione autorizzatorio per l’esercizio 2013, nonché del bilancio unico d’Ateneo preventivo non autorizzatorio per il 2013» e viene auspicato «che il Miur definisca i criteri per il dissesto finanziario e quindi possa assoggettare l’Ateneo a tale procedura prima che la situazione economica, finanziaria e patrimoniale degeneri ulteriormente».
 Questi fatti mettono in discussione più di ogni parola la validità del programma di risanamento di Riccaboni, che non sembra aver raggiunto nessuno dei suoi scopi. Il Rettore non può che prenderne atto.

Altrettanto discutibile mi appare la decisione di confermare nel CdA dell’Università in “rappresentanza” degli enti locali Roberto Morrocchi. Egli sembra rappresentare più la “società” dei partiti che la società civile e in ogni caso simboleggia la più totale continuità con il sistema precedente che ha portato al disastro finanziario la nostra principale istituzione culturale. La più volte dichiarata intenzione del rettore di voler effettuare un radicale rinnovamento rispetto a politiche e pratiche del passato sembra essere sempre di più un artificio retorico e propagandistico.
 Se la piena e totale autonomia dell’università è un principio che non può essere messo in discussione, la comunità universitaria non può rimanere insensibile e indifferente alle sempre maggiori preoccupazioni che il territorio senese avverte sul destino della sua università. Non posso che auspicare che essa trovi la forza di emanciparsi dai condizionamenti e la capacità di cambiare radicalmente rotta per traghettare finalmente la nostra università fuori dal guado.