All’università di Siena arrivano le truppe cammellate e tosate

Lega Nord – Lega Toscana. A Sinistra per “rigirare le frittate” sono dei veri campioni e la vicenda dell’Ateneo di Siena ne è un gran bell’esempio. Se venisse un commissario per mettere un po’ d’ordine nella caotica situazione dell’Ateneo cittadino, questo avverrebbe non perché lo ha richiesto la Lega, ma perché gli “amici” dei partiti di Sinistra – docenti, rettori, amministratori, sindaci revisori e sindacalisti – negli anni sono riusciti a distribuire benefici tali da creare quella voragine che porterà il nostro Ateneo a non avere più un Euro in cassa per pagare gli stipendi.

Fino ad oggi nessun Direttore Amministrativo ha avuto la forza di agire eliminando i privilegi, andando a controllare i concorsi ed a verificare se i progetti sui quali si sono investiti i fondi hanno raggiunto l’obiettivo per il quale i fondi stessi sono stati stanziati. È vero, o no, che all’Ateneo certi personaggi, che sono la minoranza, “occupano gli uffici” o fanno delle brillanti ed immeritate carriere? I lavoratori onesti dell’Università, quelli che hanno una professionalità e che fanno il loro dovere, nonostante si cerchi di schiacciarli per non fare confronti con il nulla espresso da altri, reggono la baracca in silenzio ed auspicano il Commissario, perché sperano che faccia il pulito, valorizzando il merito, quel merito che c’è, ma che non può purtroppo emergere per non far “sfigurare” i soliti privilegiati. A Sinistra, purtroppo, sono invece molto bravi a dare la colpa a chi evidenzia i problemi, invece che agli autori dello sfascio attuale, dei quali sono concorrenti e tifosi al solo fine di perpetuare le proprie posizioni di privilegio.

Ateneo di Siena: è tardi e poco credibile rivendicare, solo oggi, compiti (e non doveri) da assolvere

Segnalo due interventi apparsi oggi su “La Nazione”:  uno di Giovanni Di Stasio, consigliere provinciale della Lega Nord di Siena, e l’altro del Prof. Tommaso Detti, da sempre negli organi di governo del nostro Ateneo.

Giovanni Di Stasio. Non discutiamo le  capacità professionali di Ines Fabbro ma evidenziamo alcuni aspetti, a partire dal fatto che è in pensione, più il pronunciamento della Corte dei Conti nei suoi confronti. Evidenziamo inoltre il tam tam sul nome che ha preceduto l’assegnazione del suo incarico, su cui abbiamo chiesto delucidazioni alla Procura presentando un esposto. Non puntiamo il dito contro nessuno, chiediamo di verificare. E la magistratura ha ritenuto opportuno farlo anche se non siamo contenti di tutto questo clamore per l’immagine dell’Università. L’Ateneo ha bisogno di una gestione funzionale e non può essere succube di giochi di potere. Staremo attenti a chi e come gestisce l’Ateneo: persone giuste al posto giusto.

Tommaso Detti. La prima cosa che voglio sottolineare è il ritardo che il rettore Focardi ha accumulato nella nomina del nuovo direttore amministrativo: un danno grave per il nostro Ateneo che si aggiunge a quello, non lieve, fatto a mio avviso dalla sua amministrazione negli ultimi anni. C’e solo dunque da sperare che lunedì la situazione si modifichi e si possa ovviare a ciò. Finché la magistratura non ha concluso il suo corso per noi gli atti rimangono regolari. È quindi impossibile fermarci e aspettare magari tre mesi, senza direttore amministrativo. Non valuto, ripeto, il lavoro della Procura ma anche noi abbiamo dei compiti a cui assolvere. La sensazione, forte, e che sia in atto una sorta di gioco al massacro, per ragioni di vario genere. Ma l’unica vittima di tutto ciò è la comunità accademica che ha dato prova di voler reagire alla crisi, eleggendo anche un nuovo rettore. Chiede unicamente di essere messa nelle condizioni di risalire la china. Sembra quasi che ci sia una congiura che impedisce all’Università, quando intende rimettersi in moto, di farlo.

Ormai è certo: tutti a casa!

Proprio non ricordavo quel mio breve articolo del 5 aprile 2008: La Corte dei conti fa pagare il danno erariale causato da scelte illogiche e irrazionali nelle università. E così, ieri, quando ho saputo (e lo leggo oggi su “La Nazione”) che la Corte dei Conti (Sezione giurisdizionale regionale per l’Emilia-Romagna) aveva condannato, nel 2007, la Dott.ssa Ines Fabbro per un illecito amministrativo-contabile, sono rimasto sorpreso. Ma il massimo della sorpresa è stato leggere su google i risultati di una veloce ricerca che, al secondo posto, indicano il link a “il senso della misura” e alla sentenza, da me inserita nell’aprile 2008, quando non sapevo neppure dell’esistenza della Dott.ssa Fabbro. Ho pensato subito a Leonardo Sciascia che diceva «quando la memoria si fa, come l’occhio, presbite; quando va alle cose lontane e svanisce sulle vicine…».

Come si vede, il caso Fabbro-Riccaboni si complica sempre di più. A questo punto ritengo che il rettore uscente, Silvano Focardi, non possa in alcun modo firmare il decreto di nomina del Direttore Amministrativo per diversi motivi. Salvo che non sia un masochista!

1) Ormai è chiaro a tutti che il concorso è stato una farsa.

2) Il nome della Fabbro è stato fatto prima ancora che si decidesse di bandire il concorso.

3) C’erano 49 candidati – anche altri direttori amministrativi e dirigenti ancora in servizio – ma la Commissione ha scelto la Fabbro.

4) Probabilmente il profilo professionale della prescelta non era noto alla Commissione.

5) La Fabbro ha subìto una condanna per un illecito amministrativo-contabile nell’esercizio delle sue funzioni di direttore amministrativo dell’Università di Bologna e non per un’infrazione stradale.

Immediati chiarimenti, altrimenti tutti a casa

Quanto denunciato dalla Lega Nord Siena con il comunicato che segue è gravissimo, solleva inquietanti interrogativi e necessita di immediate risposte chiarificatrici a tutta la comunità accademica da parte dei diretti interessati: i Proff. Angelo Riccaboni, Silvano Focardi e la Dott.ssa Ines Fabbro.

Lega Nord Toscana. La Lega Nord Siena farà presentare i primi giorni della prossima settimana un’interrogazione parlamentare al Ministro dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini, ed ha già presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Siena per chiedere che parta un’indagine che possa gettare luce sulla situazione dell’Ateneo senese ed anche sulla regolarità del concorso per direttore amministrativo.

In particolare, la Lega chiede al Ministro dell’Istruzione di fare piena luce sulla presunta incompatibilità, per il Prof. Riccaboni, tra il ruolo di Rettore e quello di Sindaco Revisore supplente della Banca d’Italia, incarico per il quale potrebbe essere attribuito un compenso fisso, in contrasto con quanto previsto dal Regolamento d’Ateneo e dal DPR 382/1980, che sanciscono l’incompatibilità, non solo per la carica di Rettore, ma anche per quella di Preside di Facoltà.

Il Carroccio senese è da tempo che esprime preoccupazione su certe scelte non chiare e scontate, e proprio per questo ha deciso di rivolgersi ai “piani alti” in modo tale che ci possa essere finalmente chiarezza. Auspichiamo, infine, che il nostro Ateneo, i lavoratori e gli studenti non finiscano per tramutarsi in una vera e propria “carne da macello”, tra lotte intestine ed interessi personali. In tal caso, l’unica soluzione dovrebbe essere quella di non firmare l’atto di nomina del nuovo Rettore Riccaboni e provvedere al Commissariamento dell’Ateneo, cosa già richiesta dal Carroccio il 26 settembre 2008. Ciò che chiediamo nell’interrogazione parlamentare è se il Ministro, data l’indagine della Procura di Siena in corso sull’elezione del Rettore, non ritenga opportuno attendere che la Magistratura faccia chiarezza prima di firmare l’atto di nomina del nuovo Rettore, Prof. Angelo Riccaboni.

In più, l’esposto alla Procura presentato dalla Lega vuole essere un atto di trasparenza nei confronti dei cittadini che meritano di sapere se l’incarico di Direttore amministrativo all’Università di Siena si sia svolto secondo le norme previste dalla legge o se l’esito sia stato già segnato da tempo.

Corriere di Siena (19.9.2010): “Commissariamento dell’ateneo“.

Che la nemesi dei ricercatori non provochi la loro rottamazione

Emanuela Maioli. Con l’astensione dei ricercatori dalla didattica (la didattica è volontaria quindi non è uno sciopero) non si aprono i corsi di Laurea. Ergo, la paralisi delle Università è colpa dei ricercatori. Questo è il messaggio con cui molte testate giornalistiche tendono a sensibilizzare l’opinione pubblica in questi giorni. Emblematico è l’articolo pubblicato ieri 16 settembre relativo ad una intervista al Prof.  Decleva (Rettore nonché Presidente della CRUI) in cui Stefania Consenti riporta (non so quanto fedelmente, è registrata?) alcune affermazioni allucinanti del professore. Ne cito una in particolare: «e poi, mi consenta, non è che il ricercatore che rinuncia all’insegnamento non abbia doveri didattici. Come giustificheranno la retribuzione che prendono? Facendo solo ricerca? E no, a questo punto veramente trovo autolesionistica questa iniziativa e penso che così la stiano valutando anche altri ricercatori. Poi andrei cauto sulla parola sciopero, che vuol dire trattenuta sugli stipendi e significa garantire i servizi essenziali.»

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“Monologo di un ipotetico ricercatore”

Outis. Vinco un concorso per ricercatore, vengo regolarmente assunto, altrettanto regolarmente (almeno per ora) stipendiato, ho degli obblighi contrattuali per un certo numero di ore di lezione, ma perché mai sono voluto salire in cattedra? Che l’abbia fatto per “salvare” l’università è una novella che non posso raccontare a nessuno senza mettermi a ridere, fra l’altro avere l’onere di un corso mi toglie molto tempo, ma molto alla ricerca (per la quale sono stato assunto), l’ho fatto per servilismo? Un po’ forse. Per vanità? Forse un po’. Per superficialità, non valutando correttamente la situazione nella quale mi sarei venuto a trovare: pesante carico di lavoro, per di più gratuito, che mi assorbe e distrae dalla ricerca? Forse. Forse un po’ di tutto questo e allora perché mi faccio dei problemi? D’ora in poi mi atterrò strettamente ai miei obblighi contrattuali, continuerò a percepire il mio magro stipendio, i cattedratici che fino ad ora mi hanno sfruttato come un extracomunitario si metteranno finalmente a lavorare sul serio e potrò dedicarmi più seriamente alle mie ricerche. Se l’università si è retta fino ad ora sulle mie spalle crollerà miseramente e vorrà dire che non meritava di meglio, se dovrà ridimensionarsi per la mia decisione sarà meglio per tutti.

Con i ricercatori siamo veramente alla resa dei conti?

Il Coordinamento Ricercatori Interfacoltà Unisi. Cari Colleghi, nel raccomandarvi di mantenere la vostra non-disponibilità alla didattica, ignorando i bandi che verrano emanati dalle vostre facoltà, desideriamo invitarvi ad una riflessione.

Innanzitutto è chiaro che le facoltà stanno tentando di coprire tutti corsi mutuandoli, aumentando il carico didattico di Proff. associati e ordinari, assegnandoli per contratto e cercando di convincerci ad accettare gli incarichi.

Uno degli interrogativi che alcuni colleghi si sono posti è il seguente: che facciamo se ce la fanno a fare i corsi senza di noi? Probabilmente non sarà possibile, ma qualora accadesse ne prenderemo atto. Questo vuol dire che in questi anni in cui abbiamo creduto di fare volontariato per “salvare” l’Università lo abbiamo invece fatto per alleggerire il carico didattico di Proff. associati e ordinari. Vi va di continuare?

Un altro punto che emerge è che i requisiti minimi evidentemente non servono. Quindi il tempo impiegato per ottemperare a tali requisiti (ed è stato tanto, tanto tempo, lo ricordate?) è del tutto inutile. Ovvero, nell’Università si parla “del nulla” per un tempo “lungo a piacere”. Vi va di continuare?

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Riuscirà la nuova dirigenza dell’Ateneo senese ad evitare il fenomeno dei docenti in pensione e degli amministrativi “in cattedra”?

Stavrogin. Si sta come d’autunno/sugli alberi le foglie… adesso che abbiamo il papa e la papessa, vogliamo fugacemente per qualche secondo volgere il pensiero a quello che aspetterà a partire dall’inizio dell’anno accademico? La crisi finanziaria è ancora lì, il panettone natalizio è incerto, il “tristo mietitore” arrota la falce, perché la prospettiva ineluttabile è quella della ulteriore, drastica riduzione dei corsi di laurea, a causa dell’impossibilità, per molte facoltà, di soddisfare i requisiti minimi di docenza nei prossimi anni, cioè di garantire, se non la stessa, almeno un’offerta didattica equiparabile a quella passata. Sullo sfondo c’è, tra l’altro, la vexata quaestio della sorte delle sedi distaccate.
Tutto questo va fatto tenendo la testa al suo solito posto, cioè sul collo: la sopravvivenza stessa di interi settori appare oramai compromessa, il rischio è di disintegrare quel po’ che rimane di competenze e specificità, per dar corso ad operazioni ingegneristiche di poco momento, di scarso significato scientifico: grandi arrosti misti di nessuna attrattiva, cioè l’opposto di quello che si va proclamando, ossia l’esaltazione della “cucina locale” e delle specificità territoriali. 
La prospettiva di guardare alle inevitabili semplificazioni nell’ottica federale della “regionalizzazione”, per quanto soluzione interessante e contemplata dal DdL medesimo di prossima definitiva approvazione, mi pare che al momento sia qui solo “flatus vocis”: il sistema tende naturalmente all’inerzia, l’intellighenzia si strugge nella contemplazione delle “ruine” e della putrefazione, piuttosto che pensare alla propria rigenerazione.
 Qui si vedrà se la nuova dirigenza dell’Ateneo sarà lungimirante ed avrà gli attributi per dire SI-Si e No-No.

Al “nuovo”/vecchio che avanza nell’Università di Siena: «ccà nisciuno è fesso»

Ines Fabbro

Ines Fabbro

Il tormentone agostano per l’ateneo senese, il waka waka accademico che sta rendendo un pessimo servizio all’interessata, riguarda il nome del prossimo direttore amministrativo. È il Corriere di Siena che intona il motivetto, con le movenze, i passi giusti, e i cori in sottofondo, ancor prima che i due rettori avessero deciso la procedura per la scelta del dirigente. Comincia l’8 agosto Sandro Benetti con foto della designata e titolo eloquente: «Ines Fabbro per il dopo Barretta; già direttore amministrativo dell’università di Bologna con Roversi Monaco e Pier Ugo Calzolari, è considerata dirigente di ferro, Cavaliere della Repubblica.» In seguito, però, l’emissione del bando per una “selezione pubblica” del direttore amministrativo spiazza i fautori del progetto, al punto che, il 13 agosto, interviene con durezza Stefano Bisi sul suo blog per dettare la linea a questi universitari sprovveduti: «Chi sarà il nuovo direttore amministrativo dell’Università di Siena? È stato finalmente emesso il bando per la scelta (…). Il nome più gettonato è quello di Ines Fabbro. Ma chi lo sceglierà? Il rettore uscente Silvano Focardi o il successore Angelo Riccaboni?» Molto opportunamente, un commento a firma Valeria L. fa notare che: «La domanda nella sua evidente e voluta irriverenza è di certo accattivante come effetto, ma forse poco “educativa” equivalendo a dire (e dandolo di buon grado per assunto) che i concorsi sono solo una mera legittimazione formale di esiti già prestabiliti.
 Ciò appare lesivo verso la figura, l’autorevolezza che entrambe le persone citate (Focardi e Riccaboni, n.d.r.), invece, meritano in virtù del loro ruolo presente e futuro.» Da quest’orecchio, però, Gaia Tancredi non ci sente e sul Corriere di Siena del 21 agosto rincara la dose: «Ines Fabbro favorita. I colloqui dei candidati saranno pubblici e si svolgeranno il prossimo 3 settembre da parte della commissione preposta. Tutto alla luce del sole quindi, senza alcuna iniziativa personale che avrebbe sollevato nuove ed inutili polemiche.»

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