Seconda candidatura ufficiale a rettore dell’Università di Siena

Francesco Frati

Francesco Frati

Cari colleghi e studenti,

ho il piacere di inviarvi in allegato il programma della mia candidatura a Rettore dell’Università di Siena per il mandato 2016-2022.
Con l’occasione, vi invito a consultare il mio sito web, all’indirizzo www.francescofrati.it, che contiene, altre al programma, il mio curriculum vitae e altre informazioni utili collegate alla candidatura.
Vi ringrazio per l’attenzione, restando a disposizione per ogni commento o suggerimento che mi vorrete far pervenire all’indirizzo email o al numero telefonico indicati di seguito.
Cordiali  saluti
Francesco Frati
Dip. Scienze della Vita – Università di Siena
tel.: +39-0577-234417; 347-6446574 (mobile)
skype: francesco_frati     TW: @francescofrati

Prima candidatura ufficiale a rettore dell’Università di Siena

Alessandro Rossi

Alessandro Rossi

Alla comunità di UNISI
Cari studenti, personale tecnico, amministrativo, bibliotecario, colleghi ricercatori e professori dell’Università degli studi di Siena.

Dopo aver formalizzato la mia candidatura a Rettore del nostro Ateneo, invio il mio Curriculum Vitae, biglietto da visita di ogni universitario, nel quale troverete l’attività scientifica e didattica, affiancate dalle responsabilità accademiche e di rappresentanza e per le quali mi definisco con orgoglio un ricercatore e un docente della nostra Università. Riporto inoltre le Linee programmatiche per UNI-SIENA 2016-2022.
Candidandomi mi impegno a coniugare sostenibilità e sviluppo della nostra Università e a tutelare la sua identità storico-culturale-artistica e scientifica.
Ringrazio tutte e tutti per l’attenzione

Alessandro Rossi

Full Professor of Neurologyimage
Dpt of Medical, Surgical and
Neurological Sciences,
University of Siena
Hospital S. Maria “Alle Scotte”
Viale Bracci, 53100 Siena, Italy
Secretariat: +39 0577 585261/233476

Quante stelle ha l’Università di Siena?

09maggio2016

L’Università italiana e il progetto del MoVimento 5 Stelle: qual è la situazione attuale del mondo accademico italiano, cosa non funziona e dove si può intervenire? Parleremo di diritto allo studio, della proposta di legge che istituisce una #notaxarea ed un sistema di tassazione più equo, della “questione meridionale” e della crisi del settore della ricerca.

Lunedì 9 maggio 2016, dalle ore 21:00 presso la Sala di Palazzo Patrizi, Via di Città 75, ci troveremo insieme ai deputati portavoce del MoVimento 5 Stelle Gianluca Vacca e Francesco D’Uva, membri della Commissione Cultura, Scienza ed Istruzione alla Camera dei Deputati, per parlare – insieme a tutti gli intervenuti – dei problemi e delle prospettive dell’Università Italiana. MoVimento Siena 5 Stelle

Logo5stelle

Università di Siena: le ore di straordinario assegnate fuori regola e con motivazioni generiche e risibili

SpinacoglioniUna rondine non fa primavera, come un’ora di esubero non fa straordinario

USB P.I. Università di Siena. Come ogni anno ci troviamo nel mese di Marzo a liquidare le ore di straordinario dell’anno precedente, dovrebbero essere liquidate le ore dell’ultimo trimestre. Come ogni anno ci troviamo di fronte una situazione a dir poco paradossale. Da due anni ormai lo straordinario va richiesto dal Responsabile al dipendente, motivando la richiesta, e nel mese successivo le comunicazioni dello straordinario effettuato vanno inviate all’Amministrazione centrale. Da tre anni esistono dei moduli che dovrebbero essere usati per comunicare le ore richieste e quelle effettuate. Ciò di cui parliamo in molti casi è carta sprecata.

Infatti, di fronte alla presentazione del riassuntivo speso per il 2015 delle ore liquidate, abbiamo chiesto di visionare le richieste presentate. Un terzo delle stesse sono completamente fuori da qualsiasi regola prevista dal Contratto integrativo firmato. Richieste per un numero di ore svolte in tre mesi, con motivazioni generiche e senza alcun riferimento ai giorni in cui siano state effettuate. Parliamo di un numero di ore che spesso supera il centinaio. Richieste che riportano motivazioni risibili, come: “adempimenti con scadenze inaspettate” (?!?). Il contratto integrativo prevede un monitoraggio quadrimestrale mai effettuato, che servirebbe a controllare che i Responsabili svolgano appieno il loro compito e rispettino il budget assegnato.

Poi vi sono le richieste arrivate oltre il termine, previsto dall’articolo 8 del contratto, del 31 gennaio per le ore di dicembre, o al massimo dell’ultimo trimestre. Sono state richieste 280 ore oltre il 31 gennaio e non si sa nemmeno se siano state effettuate nell’ultimo trimestre. Il Direttore Generale ha detto che si assume la responsabilità di questo atto, e con questo amici come prima? Evviva la deroga come sempre. Siamo di fronte ad un sistema di deroga intollerabile.

Un sistema che è offensivo nei confronti di tutti coloro che hanno rispettato le regole, hanno presentato richieste congrue e svolto il proprio lavoro. A cosa serve firmare contratti integrativi se vengono disattesi. Ogni volta che il Direttore Generale approva atti di questo genere si smarrisce lo spirito di servizio e l’attaccamento al lavoro di un numero di colleghi che non accettano di sottostare ad una subcultura della cosa pubblica. Perché tale è questo atteggiamento: una subcultura, pericolosa specialmente quando è favorita dai vertici dell’amministrazione.

Del resto il Direttore Generale si è rammaricato che fossero state richieste così poche ore di straordinario retribuite, ma il vero problema non sono il numero di ore retribuite o recuperate, ma le motivazioni del perché si svolgano così tante ore in esubero. Questa Amministrazione non ha alcun interesse a comprendere l’organizzazione del lavoro di cui le ore in esubero sono un segnale importante, da qui la proposta avanzata anni fa dalla parte sindacale di un monitoraggio.  Se in un ufficio con dieci unità di personale assegnate, in tre mesi tre unità effettuano oltre 300 ore di straordinario, vorrà dire forse che il lavoro è organizzato male o cosa? Possibile che a porci queste domande siamo solo noi?

Ovvio poi ogni informazione ci viene fornita a cose fatte quando le ore sono già state tutte liquidate, già ma il Direttore Generale si assume la responsabilità. Ci assumiamo la responsabilità di informare il Consiglio di Amministrazione dell’operato del Direttore Generale, visto che la sua funzione risponde a questo organo di governo che decide della sua indennità di risultato.

Alessandro Rossi: «senza la ricerca “pura” la ricerca applicata si inaridisce»

Altan-ricercaRabbi Jaqov Jizchaq. Scovo su La Repubblica queste tre domande rivolte ai candidati rettore senesi:

1) I tempi del bilancio in rosso di Siena sembrerebbero lontani. Dopo alcuni anni di cautela è arrivato il momento di tornare a investire: quali le priorità?

2) Siena è una città piccola, che ha fatto la sua forza nell’essere a misura di studente. Eppure in dieci anni le iscrizioni sono calate del 62%. Come riconquistare la fiducia dei giovani?

3) Quale sarà la vocazione dell’Università di Siena per il futuro?

Colgo tre brani dalle risposte:

Rossi. «Non è ammissibile distinguere tra sapere e ricerca utili e inutili sulla base del loro “valore di mercato”. Senza la ricerca “pura”, la ricerca applicata si inaridisce. Il necessario rapporto con il mondo del lavoro non può tradursi in una riconversione dell’Università in un’Accademia professionale di massa. L’Università non insegna solo una professione, ma anche un metodo di pensiero.»

Parole sacrosante… non solo perché, come diceva un famoso scienziato, non è possibile giustificare l’attività di nessun vero scienziato/a sulla base dell’ ”utilità” immediata del suo lavoro, quanto forse per il suo opposto: oramai (almeno da Hiroshima in poi) gli intrecci tra scienza pura ed applicata e le ricadute a breve termine sono tali, da rendere tale distinzione, non solo eticamente insostenibile, ma anche teoricamente insensata: simul stabunt vel simul cadent. Peccato che un aspetto del cosiddetto risanamento sia stato proprio la cancellazione, già effettuata o in corso, di tutte le aree delle scienze astratte e speculative. Un processo, temo, oramai irreversibile. Non so se dalle ceneri sorgerà un vendicatore.

Frati. «Innanzitutto la ricerca, con investimenti finanziari e in risorse umane, anche attraverso un programma di sostegno al reclutamento di giovani talenti.»

Sì, ma con quali danari? Date le persistenti condizioni finanziarie dell’ateneo (frettolosamente dichiarato “risanato”) non ti verrà consentito di accedere a quote significative di turnover. E la situazione al riguardo è quella drammatica più volte ribadita.

Petraglia. «Va fatto un salto di qualità per garantire un’offerta formativa competitiva a livello internazionale, potenziando e valorizzando lauree specialistiche, master, dottorati di ricerca e scuole di specializzazione. L’obiettivo è far parte delle prime 100 migliori Università europee.»

Giustissimo… ma il “risanamento”, se non erro, è avvenuto dimezzando il corpo docente e chiudendo decine di corsi di laurea (moltissime magistrali) o accorpandone altri: non ci giurerei sul fatto che ciò che è rimasto in piedi sia il meglio che c’era. Per non dire della strage di dottorati: il programma di riduzione dell’ateneo senese a “teaching university”, cioè sede distaccata produttrice di diplomati triennali, va avanti subdolamente. Sempre Repubblica descrive infatti così la “mission” dei tre atenei toscani: «Pisa sta consolidando la sua tradizione in materie scientifiche (anche grazie alla Scuola Normale e del Sant’Anna) con una forte attenzione alla formazione post laurea e alla ricerca. Siena è una università specializzata nella didattica di primo livello per alcune discipline».

Allora vorrei capire se il nostro agitarsi non sia puramente velleitario, visto che i giochi paiono già fatti politicamente “in alto loco”.

Ma cosa è costato il cosiddetto risanamento (vero o presunto)? L’Università di Siena non sarà più come prima!

Altan-futurodimerda

Rabbi Jaqov Jizchaq. Non vorrei che le legittime e sacrosante obiezioni del prof. Grasso (riprese da Piccini) venissero strumentalizzate per incanalare il dibattito in una direzione sbagliata: “da mihi ubi consistam, et terram coelumque movebo”, dice Archimede, ma qual è l’ubi consistam, il fondamento stabile, la base del ragionamento, quando parliamo de “l’università di Siena”? Pare, infatti, che, sia per i sostenitori delle tesi di Riccaboni, sia per i contestatori di queste tesi, “l’università di Siena” costituisca una sorta di Essere parmenideo: uno, eterno, indivisibile, uguale a se stesso, immutato dal 2007 a oggi, cosicché quando la macchina ripartirà, basterà solo togliere un po’ di polvere, un’occhiata alla batteria, gonfiare le gomme e controllare l’olio. Non vorrei cioè che si dimenticasse cosa è costato il cosiddetto “risanamento” (vero o presunto). Questo concetto, che cioè niente sarà più come prima, è chiarissimo ai senesi quando parliamo del MPS. Curiosamente pare che non lo sia quando parliamo di università.

Dal sito MIUR ricavo questi dati. Complessivamente, dopo l’avanzamento di carriera di una quarantina di persone (i “nuovi professori” 🙂 ), vi sono 709 docenti (256 associati, 273 ricercatori e 180 ordinari) più 17 ricercatori a tempo determinato (così dice il sito MIUR). Si sono persi 350 docenti. Dal grafico in alto a destra si evince che un altro centinaio di docenti si accinge a uscire di ruolo e non credo che il miglioramento dei conti consenta la ripresa del turn-over a pieno regime (come invece gradualmente accadrà in altri atenei ricchi e virtuosi, aumentando così il divario). Questo ha significato una riduzione notevole dell’offerta formativa e della mole di ricerca. In buona sostanza l’ateneo senese è stato dimezzato, e siccome ciò è avvenuto a casaccio, il corpo docente che puoi utilizzare per i tuoi radiosi progetti di rilancio è al momento semplicemente quello sopravvissuto alla carneficina (che in parte non c’entra un tubo con codesti progetti), più un po’ di ricercatori “di tipo B” con contratto a tempo determinato che sperabilmente entreranno nei ranghi, ma non prima di cinque o sei anni (e per i quali, peraltro, a differenza dei loro colleghi “old style” a tempo indeterminato, non so se siano previsti incarichi didattici).

Mi sorprende che il dibattito prescinda completamente da questo tema. “L’università riparte”, ma che vuol dire? Cosa si accinge a ripartire? Nella lotta per accaparrarsi il titolo di università eccellente onde primeggiare nelle classifiche internazionali, e non solo in quelle surreali del CENSIS, ti devi misurare (cito gli atenei italici presenti nelle classifiche QS) con atenei in piena ascesa tipo il Politecnico e la Statale milanesi, con i loro complessivamente 3400 docenti e oltre 100.000 studenti, o Padova, che sfoggia 60.000 studenti e oltre 2000 docenti, Pisa con i suoi 46.000 studenti e 1454 docenti (più altri 120 al Sant’Anna), o Torino, con i suoi 1900 docenti e 62.459 studenti, e non mi è proprio chiaro come ciò possa avvenire, né pertanto quali progetti bollano realmente in pentola per Siena.

Per le elezioni del nuovo Rettore dell’Ateneo senese si vota il 16, il 22 e il 28 giugno

Felice Petraglia - Alessandro Rossi - Francesco Frati

Felice Petraglia – Alessandro Rossi – Francesco Frati

Il decano del Corpo Accademico, Prof. Paolo Luigi Nardi, ha firmato il Decreto d’indizione delle votazioni e d’istituzione dei seggi elettorali. Al momento, i candidati a rettore sono i Proff. Felice Petraglia, Alessandro Rossi e Francesco Frati. Da ricordare, però, che il termine per la presentazione delle candidature alla carica di rettore scade 17 maggio 2016.

Dateelezioni

«Grasso ha portato delle cifre che mettono in dubbio questo mantra dell’Università di Siena risanata! Perché tutti zitti?»

Pierluigi Piccini e Daniele Magrini

Pierluigi Piccini e Daniele Magrini

Spigolature senesi tratte dalla trasmissione “di Sabato” (16 aprile 2016) di Radio Siena TV.

Magrini. Sull’Università sorprende un po’ una cosa. A volte mi sorprendono le cose di questa città, forse perché vedendola da lontano per tutta la settimana …, mi sorprendono. Nella stessa trasmissione, lì dove sei ora seduto te, c’è stato, prima, il rettore: ha raccontato le sue cose. Poi c’è stato Giovanni Grasso, che ha raccontato altre cose, altri fatti e non altre opinioni, dicendo anche cose che, se fossi stato il Direttore amministrativo dell’Università e magari il Grasso non avesse avuto ragione, avrei detto: no! Non è mica così! E, invece, tutti zitti, sotto traccia. Non va bene. Grasso ha portato delle cifre che mettono in dubbio questo mantra dell’Università di Siena risanata, che circola da tutte le parti. E perché nessuno dice: no!

Piccini. Io l’ho detto!

Magrini. Non sto dicendo di te.

Piccini. Io l’ho scritto. Che questo mantra non era vero, l’ho scritto. Tanto è vero che Riccaboni, poi, si è anche un po’ adirato, e m’ha detto che voleva confrontarsi davanti a un giudice. Fra l’altro non capisco, perché quando uno solleva appunto dei dubbi su un bilancio … basta rispondere. Si risponde coi numeri. Non è che io ti parlo di un consuntivo e tu mi presenti un preventivo. Le cose non funzionano. Cioè, si fanno gli zucchini con gli zucchini, le carote con le carote. Poi, voglio dire, anche questa storia di minacciare sempre di querela tutti quelli che parlano, quando, per esempio, se fosse andato avanti, Riccaboni avrebbe pagato con i soldi dell’Università; io avrei dovuto pagare con i soldi miei, di tasca. Cioè mi sembra una cosa diseguale, quanto meno. Però, io questa cosa l’ho scritta.

Magrini. Però, anche lì, quel bel palazzo, il Palazzo comunale… Non s’è sempre detto che l’Università è il polo trainante della città? Interesserà capire se l’Università è risanata o non è risanata?

Piccini. Ma sai… Noi, quando siamo stati in Consiglio comunale con l’esperienza delle liste civiche, abbiamo chiesto ripetutamente di fare delle sedute monografiche con le varie realtà cittadine, anche perché in questo modo il Consiglio comunale acquista un ruolo di centralità. Mi sembra che questa abitudine sia stata perduta e siamo tornati agli incontri riservati.

Il bugiardiere e le prossime elezioni del Rettore dell’Università di Siena

Riccabocchio SantoGià nel novembre 2011 scrivevo che «si può sorvolare su tutto, ma non si può accettare che il rappresentante legale dell’università di Siena», raccontando cose non vere «esponga al ridicolo l’istituzione che rappresenta». E per Angelo Riccaboni è ormai costituzionale raccontare frottole in modo sistematico! In circa sei anni alla guida dell’ateneo senese, di balle ne ha raccontate tante; nonostante ciò qualcuno suggerisce di farlo Sindaco o Ministro! Allora, tanto vale farlo Santo!

Esemplare la balla sull’avanzo di competenza di sette milioni d’euro quando, in realtà, l’esercizio 2013 s’è chiuso con un disavanzo di competenza di 3,5 milioni d’euro. È trascorso un anno dalla denuncia dell’imbellettamento del bilancio, ma il Rettore non ha ancora fornito le necessarie spiegazioni sulla vicenda, neppure dopo la mia recente ed esplicita richiesta. Tace anche l’ex direttrice amministrativa, Ines Fabbro. Silenzioso il Collegio dei Revisori dei Conti che pure, per il bilancio di previsione di quell’esercizio, aveva addirittura richiesto lo stato di dissesto per l’Ateneo senese. Muto il Consiglio di Amministrazione.

Roberto Morrocchi (in conferenza-stampa)

Roberto Morrocchi
(in conferenza-stampa)

Afasico il consigliere, Dott. Roberto Morrocchi (designato da Riccaboni in CdA in rappresentanza del Comune e della Provincia di Siena), che ha anche partecipato alle trionfalistiche conferenze-stampa del Gil Cagnè dei bilanci. E tutto questo accade proprio mentre si sta concludendo, presso il Tribunale di Siena, il processo ai due precedenti Rettori, al Collegio dei Revisori dei Conti e ai tre Direttori amministrativi, accusati d’aver causato il dissesto dell’Ateneo.

Per aumentare le immatricolazioni, Riccaboni le ha tentate tutte.  Cominciò alla fine del 2010, prorogando le iscrizioni addirittura al 28 aprile 2011. Senza risultato! Allora, pensò bene di liberalizzare (unica sede in Italia) l’accesso ai corsi di laurea in Farmacia, Biologia e CTF, calpestando il DM 17/2010, adottato per assicurare adeguati livelli di qualità della didattica mediante l’individuazione del numero massimo di studenti che possono iscriversi a un determinato corso di studio, in base ai docenti e alle risorse strumentali e logistiche disponibili in ciascuna sede. Il Ministero, però, aveva autorizzato l’attivazione di quei corsi di studio sulla base del presupposto che il numero massimo di studenti fosse quello accertato dal Nucleo di Valutazione nella loro relazione e non quello auspicato da Riccaboni.

Il risultato fu che circa 1500 studenti, che non trovarono posto nelle altre sedi, si riversarono su Siena, che, per carenza di docenti, aule, laboratori, mense non poté assicurare il servizio pagato con tasse tra le più alte d’Italia. A Riccaboni, però, non importavano i disagi degli studenti e dei docenti! A lui interessava il clamore mediatico. Ecco i titoli del Corriere di Siena: «Immatricolazioni alle stelle: clamorosa impennata»; «Università, vola il mercato degli affitti: non abbiamo più case per studenti». E così furono ingannati il Nucleo di Valutazione, il Ministero, e, soprattutto, gli studenti, che avevano ricevuto una rappresentazione dei corsi di studio diversa dalla realtà. L’accesso libero, incompatibile con le strutture esistenti, provocò disagi logistici e disfunzioni nella didattica con evidente abbassamento dei livelli di qualità, efficienza ed efficacia dell’offerta formativa. I risultati si videro l’anno successivo! Rispetto all’anno precedente, Farmacia e CTF persero 920 nuovi iscritti, molti studenti si trasferirono, e nel 2014-2015 c’è stato un ulteriore tonfo, con 37 matricole a Farmacia e 60 a CTF.

Silenzio assoluto su tutto ciò: eppure dal 2011 a oggi l’Ateneo ha perso 3.852 studenti. Riccaboni, però, continua a raccontare fole e fa scrivere che «ad oggi gli iscritti all’Università sono circa 15.800 (corsi di laurea triennale e magistrale)» quando invece sono 14.236 (si veda elenco con nome, cognome e matricola). E se anche si aggiungessero i 323 iscritti ai corsi di Dottorato o i 555 iscritti ai corsi di Specializzazione si arriverebbe a 15.114 iscritti, una cifra ben lontana da quella diffusa dal “Magnifico”.

Il candidato Francesco Frati, in qualità di pro-rettore vicario, ha condiviso tutto ciò! Se continuerà a tacere, dimostrerà di essere pienamente responsabile oppure un dilettante! Tertium non datur! Comunque, in entrambi i casi inadatto a fare il rettore! E gli altri due candidati?

Pubblicato anche da:
– Bastardo Senza Gloria (26 aprile 2016) con il titolo: «Suggeriamo una attenta lettura di questo articolo del Professor Grasso sullo stato delle cose all’Università di Siena».
– il Cittadino Online (26 aprile 2016) con il titolo: «Il bugiardiere e le prossime elezioni del Rettore dell’Università di Siena». Sottotitolo: Il professor Grasso insiste con il chiedere a Riccaboni ragione di quanto dichiarato su bilancio dell’ateneo e immatricolazioni».

Chi prefigura un definitivo ridimensionamento dell’ateneo senese si dispone di fatto ad accettarne il ruolo di sede distaccata

Altan-ragionareRabbi Jaqov Jizchaq. Scovo questo editoriale di Gramellini in cui il vicedirettore della Stampa auspica, a proposito delle università del Sud (ma il discorso per estensione vale anche per il Nord): «una drastica riforma universitaria anti-clientelare che spazzi via il pulviscolo delle facoltà che fabbricano disoccupati e concentri ogni risorsa su quattro-cinque atenei, uno per regione, facendone poli di eccellenza.»

A parte che, nel troiaio inguardabile che è scaturito dalle recenti riforme, le Facoltà non esistono più (dura ad entrare nella mente della gente!), oramai è letteralmente un coro di voci che spinge in questa direzione: pochi “hub” regionali e il resto, o chiuso, o sede distaccata (“teaching university”), e mi chiedo perciò a che gioco stia giocando chi – con insopportabile narcisismo magari però reputando sé stesso indispensabile – con la scusa di rilanciare l’ateneo, auspica lo smantellamento o riduzione a rango ancillare e di profilo infimo di ulteriori aree scientifiche, e un ulteriore contrazione della ricerca e dell’offerta formativa.

È infatti evidente che il gongolarsi nella retorica di un piccolo (e dispendioso) ateneo autonomo, contrasta visibilmente con le tendenze di tutta la politica nazionale. Oggi chi (alcuni apertamente e alcuni velatamente) prefigura un definitivo ridimensionamento dell’ateneo, si dispone di fatto ad accettare il ruolo di “provincia dell’Impero”, sede distaccata di potentati accademici siti altrove. È possibile evitare tutto ciò? Dicono di no, perché così vuole il fato. Ma allora, se Dio, la politica regionale, il ministero, i media e le autorità politiche locali perseguono questo obiettivo, cerchino almeno di essere conseguenti. Difatti è più apprezzabile chi dice cosa vuol fare e lo fa, di chi dice una cosa, ma ne fa un’altra. Si intende che è il vostro progetto, non il mio: io, nel mio piccolo, partecipando come utente alla discussione di questo blog, faccio solo opera maieutica per cavarvi di bocca il non detto.

Anzitutto (e non da ora) non è chiaro cosa si intenda farne delle decine di persone condannate all’epurazione perché operanti in quei settori che si è convenuto di abbandonare. Per ora domina l’eufemismo e la purga è chiamata “lassativo”. Quando un genovese muore, dicono che “si è tolto dalle spese”. Volete creare grossi poli regionali in cui le varie materie godano di una massa critica sufficiente a produrre quella ricerca necessaria per far contenta l’ANVUR e per rientrare nei ranking internazionali? Ebbene, fatelo, se avete il potere di farlo.

Ma diteci innanzitutto che cacchio sono le “teaching universities” e chi le paga, se le risorse vengono elargite essenzialmente sul volume dei “prodotti della ricerca” (VQR, SUA…), come si dice oggi, con linguaggio da venditori di saponette. Chi ci si iscriverà? Con quale spirito verranno gestite, se la didattica non conta più assolutamente nulla, né per la carriera dei singoli, né per il finanziamento delle strutture? Come si attua la mobilità? In passato ebbi a scrivere che se è comprensibile la strenua resistenza di chi è ancora vivo, che fa bene a resistere, non si capisce cosa abbia da perdere dall’ipotesi di migrare a cinquanta chilometri (magari essendo residente a Poggibonsi) chi a Siena già è stato ammazzato e non ha speranza alcuna di risurrezione: ma come si fa a non sottolineare che a ciò manca persino il quadro normativo?

È chiaro che i problemi più grossi non sono risolubili in sede locale, dall’impianto normativo ai finanziamenti («Eurostat, Italia maglia nera in Europa per spesa pubblica per l’istruzione: il 4,1% del Pil, peggio della Romania»). Capisco inoltre che una risposta precisa a queste domande sarebbe possibile solo se non fossimo in Italia. Qui, tradizionalmente, la politica è lasciare che tutto imputridisca, sperando che si manifesti poi casualmente un qualche miracoloso potere salvifico delle muffe generate spontaneamente, come una specie di Pennicillina.

P. S. Dimenticavo questa considerazione. Mi par di capire che alcuni sostengono una più raffinata teoria del fritto misto: molte triennali (“teaching university”), dove lavora un esercito sotterraneo di schiavi, che insegnano perché qualcuno evidentemente ha stabilito non essere adatti alla ricerca, affiancate da un paio di esperienze “d’eccellenza”. Ma basterebbe per tenere in piedi un ateneo che voglia dirsi “autonomo” e “generalista”? Può, viceversa, a questi lumi di luna, sussistere un piccolo ateneo rifondato al grido di battaglia “pochi ma bòni” (con conseguenti purghe)? Siccome la risposta a quest’ultima domanda retorica tremo sia inesorabilmente NO, non v’è chi non veda che anche dietro questa teoria c’è implicita (ma non inconscia) l’accettazione del ruolo ancillare e subalterno cui alludevo: i poli “d’eccellenza” sarebbero cioè eccellenze decentrate, un po’ come la FIAT di Melfi, presidio locale di uno “hub” regionale con la testa altrove. Se infatti la didattica deve essere intesa essenzialmente come punizione che non dà premi, il lato B (“teaching university”) di questa ipotesi “ibrida” costituirebbe per gli eroici ricercatori solo una inutile zavorra che ne offuscherebbe la gloria; a meno che, appunto, il tutto non faccia parte di un agglomerato più vasto dove luci e ombre si bilancino.

Soggiungo che non c’è un modo per barcamenarsi. L’ipotesi dei grandi “hub” è come una lavagna dove esistono solo la colonna dei “buoni” e quella dei “cattivi”, non di quelli mezzi e mezzi: niente Limbo e un Purgatorio solo fittizio, perché come già ribadito ad nauseam, i meccanismi premiali e del turnover non fanno che acuire le distanze, funzionando come il mitico Superciuk dei fumetti di Alan Ford, ossia una specie di “Robin Hood al contrario” che arricchisce i già ricchi e impoverisce i già poveri. Il declino non pare pertanto essere reversibile: se in un’area eccellentissima ci sono sette magnifici ricercatori e sei di questi sette Samurai ti vanno in pensione senza poter essere sostituiti, tu perdi anche quelle eccellenze che possiedi. Al settimo Samurai non resta che fare harakiri.

A mio modestissimo avviso tutto questo dovrebbe essere posto in primo piano nella campagna elettorale per il futuro rettore; il mondo politico, locale e nazionale, andrebbe interrogato senza peli sulla lingua per capire dove esattamente si intende portare il sistema universitario, e a che vale il nostro affannarsi.

Io era tra color che son sospesi (Inferno, Canto II).