A margine del tentativo di Berlinguer e Tosi di far eleggere un loro uomo alla guida dell’Ateneo senese

Luigi Berlinguer e Piero Tosi

Luigi Berlinguer e Piero Tosi

Frati e Petraglia

Frati e Petraglia

Marco Sbarra. Ai tempi d’oro del blocco comunista sovietico molti occidentali e tanti poveri disgraziati che erano costretti a vivere in quel sistema criminale erano convinti che solo una guerra avrebbe potuto liberare quel “paradiso” decantato a lungo anche dai nostri sinistri. Grazie a Dio, ciò non è stato necessario.
A Siena invece una guerra tragica c’è stata, eppure il Sistema che l’ha dichiarata e combattuta contro la cittadinanza conserva intatto il suo potere. Il Soviet di Siena dunque incredibilmente è sopravvissuto alla casa madre targata URSS.
Le macerie dell’Università, della Fondazione, della Banca e di tutto il suo indotto stanno ancora fumando, ma l’intreccio inverecondo che ha provocato tante “vittime” è ancora saldo al comando. Se nemmeno una guerra è riuscita a liberare Siena, vuol dire che il Sistema è irriformabile per via umana. Evidentemente tanti, troppi senesi tra le varie virtù di cui sono provvisti, non fanno bella mostra di quelle della fierezza e dell’indipendenza. Aspettiamo dunque pazienti e preghiamo perché intervenga la Provvidenza.
Perdio, se è riuscita a far crollare l’Unione Sovietica senza bisogno di un solo missile, ci sono buone speranze che anche a Siena arrivi la liberazione e la cacciata di quella masnada di uomini senza onore e dignità che trattano la Città come Cosa loro.

L’ombra lunga di Berlinguer e Tosi sull’Ateneo senese con i loro candidati Frati e Petraglia

Frati e Petraglia

Frati e Petraglia

Di seguito la trascrizione integrale di un’altra parte dell’intervista di Orlando Pacchiani (per Radio Siena TV) ai candidati rettori, nella trasmissione Siena Diretta Sera del 19/05/2016. Il blogger Raffaele Ascheri  (l’Eretico di Siena)  chiede ai tre docenti «un giudizio sintetico, ma il più chiaro, efficace e tagliente possibile su Luigi Berlinguer e Piero Tosi» che, con elezioni bulgare e candidature uniche, in tempi diversi, sono stati alla guida dell’Università di Siena per ventuno anni. Quando si scoprì il dissesto economico-finanziario dell’Ateneo (una voragine nei conti da 270 milioni d’euro), fu subito chiaro che un crac di tali proporzioni dovesse avere origini lontane e responsabilità ben precise, che qualcuno fece risalire anche ai fastosi festeggiamenti del 750° anniversario dell’Ateneo senese. Con Silvano Focardi, che consegnò in Procura una memoria sul dissesto, ci fu una discontinuità di quattro anni alla guida dell’Università e in seguito, con l’aiuto di Berlinguer e Tosi, s’insediò Angelo Riccaboni, con un’elezione tanto irregolare (e non ancora chiarita) da far ammettere al Ministro interrogato dai magistrati: «soltanto oggi vengo a conoscenza del fatto che nessun elettore è stato identificato; se avessi saputo di detta irregolarità, non avrei nominato Riccaboni.» Appare, perciò, utile la domanda dell’Eretico che può fare chiarezza sugli sponsor accademici scomodi dei candidati, specialmente su quei personaggi che hanno avuto un ruolo nel dissesto economico-finanziario dell’Ateneo senese. Si dice che Frati e Petraglia sono le due facce della stessa medaglia, rappresentata dal gruppo Berlinguer e Tosi che, con l’elezione di uno dei due loro candidati, porrebbe una pietra tombale sulle speranze di chiarire le responsabilità della voragine nei conti e del degrado, anche morale, di un Ateneo dal glorioso passato. Vediamo le risposte dei tre candidati.

Raffaele Ascheri (Eretico di Siena). Sono presenti in studio i tre candidati all’ambitissima poltrona di Rettore dell’Università di Siena; ovviamente, ci sarebbe molto da chiedere, molto da dire a tutti e tre, ma lo faremo nel blog nelle prossime giornate, nelle prossime settimane, di qui all’appuntamento elettorale. Con il poco tempo che abbiamo a disposizione, però, almeno una cosa la possiamo fare: cioè, domandare, partendo da uno stimolo del blogger Giovanni Grasso – che è colui che segue più direttamente e da vicino le vicende dell’Università, e da tempi davvero non sospetti – provocazione secondo la quale bisognerebbe candidare a rettore Aldo Berlinguer, il figlio del più noto Luigi, provocazione che è di questi giorni, pubblicata sul suo blog “Il senso della misura”. Ecco, partendo proprio da questa, chiederei a tutti e tre i candidati che cosa pensino del passato, soprattutto del passato non attuale, cioè di Luigi Berlinguer e di Piero Tosi; coloro che per molti anni hanno guidato in tempi diversi e in contesti differenti, soprattutto da quelli attuali, l’Università di Siena; perché avere un loro giudizio sintetico, ma il più chiaro ed efficace possibile, su queste due figure, Berlinguer prima e Tosi dopo, davvero potrebbe darci un segno importante. Quello che raccomanderei è che la loro analisi, il loro giudizio, fosse la più tagliente possibile o quanto la più chiara, se possibile, perché anche se loro dovranno ricoprire un incarico che ha un suo valore anche in qualche modo politico, però non sono politici senz’altro di professione e non so se poi ambiranno ad esserlo in futuro, ma quindi da loro si può pretendere, per non dire esigere, chiarezza di giudizio. Sintesi e chiarezza di giudizio; questo è quello che io chiedo a loro, in attesa ovviamente delle loro risposte. Grazie.

Francesco Frati. Mi pare che l’Eretico abbia fatto due domande. La seconda, è quella relativamente alla chiarezza rispetto ai contenuti e a quello che vogliamo fare in futuro, e credo che sia importante soprattutto parlare del futuro. E credo che questa chiarezza stia nelle cose che abbiamo detto oggi e in quello che abbiamo scritto nel programma. Credo che questo sia un momento in cui si debba parlare del futuro. Con riferimento ai vecchi rettori che l’Eretico ha citato, devo dire che, anche per motivi anagrafici, rispetto a loro ho una distanza veramente di tipo anagrafico che mi permette di dire che mi mette molto in difficoltà nel dover esprimere un giudizio, perché lo esprimerei su delle cose che non ho toccato con mano e rispetto alle quali non posso dare un giudizio. L’unica cosa che posso dire è che, io credo, negli ultimi trent’anni, che più o meno è il periodo a cui si fa riferimento, credo che l’Università sia cambiata moltissimo e credo che il lavoro che deve fare un rettore ora è profondamente diverso dal lavoro che doveva fare un rettore trent’anni fa, ma tutto sommato, anche venti o quindici anni fa.

Alessandro Rossi. Molto più sintetico del Prof. Frati. Quei mandati rettorali hanno dimostrato di sostenere, mi scusi il gioco di parole, uno sviluppo insostenibile dell’Università; se no l’Università, evidentemente, non avrebbe avuto quella condizione di grave sofferenza economica. Credo, e ribadisco, che l’Università oggi non assomiglia e non può più assomigliare all’Università neppure dei sei anni passati, perché il mondo è profondamente cambiato, abbiamo soltanto avuto la possibilità di accennare ad alcuni aspetti; ma l’Università di Siena certo non si può permettere di essere ferma, deve rinnovarsi per affrontare gli aspetti che precedentemente sono stati toccati, perché altrimenti finiscono per essere slogan e titoli; parlo dell’internazionalizzazione, dell’attrattività, parlo della mobilità degli studenti. Questi richiedono dei progetti specifici e una riorganizzazione amministrativa e, sotto certi aspetti, anche di mentalità dell’intero corpo docente.

Felice Petraglia. Io tra l’ottanta e il duemila ho lavorato in giro per l’Italia e per il mondo; quindi, non ero qui! Posso dire che ho conosciuto il Prof. Tosi, perché fu lui che mi venne a scoprire quando ero a Udine, devo il mio ritorno a Siena appunto al momento in cui lui era rettore, quindi l’ho conosciuto meglio. Però erano gli ultimi anni, appunto, di una lunga serie di gestione delle cose. Non posso esprimere assolutamente giudizi né per l’uno né per l’altro; mi sembra in questo senso, giustamente, come dicevano prima i colleghi, è cambiato sicuramente il modo di gestire l’università, perché c’erano altre condizioni economiche. Ora, bisognerebbe essere molto preparati per fare dei confronti tecnici, economici, gestionali; sicuramente sono stati anni di grandi aperture: siamo passati a molte facoltà e probabilmente questo era un momento d’oro, c’erano tante possibilità, purtroppo poi, con alcune problematiche di spesa che sono subentrate dopo. Insomma, sarebbe un argomento trattato negli anni e giustamente non è facile esaminarlo in una risposta breve. Furono, di sicuro, personaggi importanti, insomma, rimarranno nella storia.

Raffaele Ascheri (commenta il giorno dopo su “Eretico di Siena”). P.S. 3 – Ieri sera, a “Siena diretta sera”, abbiamo domandato ai tre candidati a Rettore cosa pensassero del tandem delle meraviglie Luigi Berlinguer-Piero Tosi: così, tanto per avere un’idea. Il buon Frati si è furbescamente trincerato dietro il gap generazionale tra lui e gli altri due; il Rossi, almeno, ha parlato esplicitamente di “sviluppo insostenibile”, a proposito dei due ex, per poi sdirazzare su tutt’altro; il Petraglia – visibilmente infastidito dalla domanda – non ha risposto per niente, e alla fine li ha comunque definiti due Rettori che entreranno nella Storia. Una prima idea, dunque, ce la siamo fatta: avanti così, le elezioni si avvicinano…

Pubblicato anche da:
il Cittadino online (30 maggio 2016) con lo stesso titolo.
retewebitalia.net (Il primo network italiano dei quotidiani online) (30 maggio 2016) con lo stesso titolo.
– Bastardo Senza Gloria (30 maggio 2016) con il titolo: «Chi dei tre candidati a Rettore dell’Università di Siena ha il coraggio di giudicare le gestioni di Luigi Berlinguer e Piero Tosi?»

Il silenzio interessato sull’Università di Siena delle opposizioni in Consiglio comunale

Enrico Tucci e Daniele Magrini

Enrico Tucci e Daniele Magrini

Indicando il Palazzo comunale al suo ospite, nel corso della trasmissione “di Sabato” del 16 aprile 2016, Daniele Magrini chiedeva : «Non s’è sempre detto che l’Università è il polo trainante della città? Interesserà capire se l’Università è risanata o non è risanata?». No! Ai consiglieri di maggioranza non interessa conoscere le reali condizioni dei bilanci dell’Ateneo senese. E purtroppo, non interessa neppure ai consiglieri di minoranza: sia agli oppositori balneari che a quelli montani, eletti e non eletti in Consiglio comunale. Tutti! Nessuno escluso, a giudicare dal silenzio di tomba sull’argomento! Come non interessa ai giornalisti e ai mezzi d’informazione online e della carta stampata, con l’eccezione, ovviamente, del “Cittadino online” e dei blogger non allineati. Prendiamo, per esempio, l’intervista al consigliere comunale Enrico Tucci, di seguito trascritta integralmente, solo per la parte riguardante l’Università e la sanità, dalla trasmissione “di Sabato“ (30 aprile 2016) di Radio Siena TV. Leggendo le dichiarazioni del consigliere Tucci, si pensa che lui disponga di notizie di prima mano sull’università, tanto è deciso e categorico: «nell’Università in questo momento c’è un po’ di rivolgimento; il Rettore ci fa sapere che farà nuove assunzioni; sono arrivati un po’ di soldi e il bilancio, almeno sulla carta, è stabilizzato». Sarebbe interessante che il consigliere Tucci dicesse la sua sulla semplice domanda, che Riccaboni e Frati eludono da un anno: «il bilancio consuntivo 2013 è falso o no?».

Tucci. (…) Nella sanità senese ci sono dei lati meno brillanti: a fronte di un forte investimento della Regione soprattutto su Careggi, ma con Pisa che non si fa mancare niente, con una campagna-acquisti forte di Careggi, Siena, invece, sembra quelle squadre che devono vendere tutti gli anni i giocatori migliori per cercare di stare a galla. Non è la nostra missione.

Magrini. Cioè, questa campagna-acquisti significa che bravi primari, bravi medici, bravi chirurghi non restano a Siena e vanno via?

Tucci. Allora, io sono abituato a fare i cognomi, è la mia indole che non mi procura tanti amici ma, insomma, sono amico della verità. L’ultimo esempio è il Prof. Trabalzini, che non ho l’onore di conoscere personalmente, di cui, però, conosco il curriculum e le pubblicazioni. Trabalzini è un chirurgo della base cranica, un posto difficile da operare al confine fra l’otorino e la neurochirurgia. Sono pochissimi gli specialisti di questa disciplina. Allora, Trabalzini è venuto a Siena e ha fatto bene; quando è stato il momento di riconoscergli un ruolo – sappiamo tutti che nell’Università in questo momento c’è un po’ di rivolgimento, il Rettore ci fa sapere che farà nuove assunzioni e questo ci fa molto piacere, quindi sono arrivati un po’ di soldi, il bilancio, almeno sulla carta, è stabilizzato e, quindi l’Università deve investire su grandi professionisti e sui giovani, parimenti, perché abbiamo bisogno di nuove leve e di professionalità consolidate –. Il morale della favola è che il Dott. Trabalzini non è potuto diventare professore, non sta a me dire perché e per come, però è in forza ora all’ospedale Meyer di Firenze, altro punto di aggregazione di grandissimi professionisti perché la regione punta a scalzare il Gaslini dalla classifica del top ospedali pediatrici, per far diventare il Meyer il miglior ospedale pediatrico d’Italia. Benissimo! Ma noi? Questi sono i problemi. Ma noi? Avevamo un chirurgo toracico di grande livello, il mio amico Luca Voltolini, senese, dirige la chirurgia toracica di Careggi nell’ambito di questa campagna-acquisti promossa dalla direttrice Calamai di Careggi. Abbiamo occasioni perse, di grandi chirurghi che a Siena non sono potuti afferire. Non sta a me dire se è un bene o un male, dico solo una cosa: l’esperienza di Grosseto insegna che un ospedale modesto diventa un ospedale importante – e Grosseto lo è e lo vedremo nei prossimi anni – quando arriva uno dei grandi chirurghi. La venuta del Prof. Mariani, lupaiolo e nostro carissimo amico, a Grosseto nel 1998 ha cambiato il volto dell’ospedale e l’ha preparato all’avvento di un grandissimo chirurgo Cristoforo Giulianotti, attualmente a Chicago, Università dell’Illinois, il pioniere della robotica in chirurgia generale, conosciuto in tutto il mondo, che dal ‘98 al 2007 è stato a Grosseto. Poi è andato a Chicago, ma lui sarebbe andato volentieri in un’altra cittadina senese molto vicina a Grosseto.

Magrini. Grazie a Enrico Tucci di essere stato con noi. Complimenti al figlio Francesco brillantemente laureato in …?

Tucci. In Economics che è una laurea magistrale in Inglese che la nostra Università offre in concorso (ha fatto un double degree) con l’Università di Uppsala, dove è stato un anno.

Magrini. È un cervello in fuga?

Tucci. No! Io non credo alla nozione dei cervelli in fuga, credo che i cervelli debbano girare, perché è la circolazione dei cervelli che alza la qualità totale. Sarebbe bello se qualche cervello si fermasse anche più da noi. Ma, non necessariamente di Siena, non so se rendo l’idea. Cervelli!

Pubblicato anche da:
il Cittadino online (26 maggio 2016) con lo stesso titolo.
– Bastardo Senza Gloria (26 maggio 2016) con il titolo: «Concordiamo con Giovanni Grasso riguardo la poca attenzione che certe “opposizioni” hanno dedicato alla questione dell’Università».

«Le tre università toscane debbono individuare la loro vocazione con Siena relegata alla didattica di primo livello»

OmbraRabbi Jaqov Jizchaq. Commenta Andrea: «Iniziano le grandi manovre per formare i primi “hub di ricerca” a quanto pare bisognerebbe spostare l’attenzione delle varie discussioni su tematiche concrete a Siena, altrimenti davanti a questi futuri colossi dove si va?»

Scusate se insisto, ma l’insistenza, dicono, quando non giungono risposte, è pratica di buon giornalismo. Il più diffuso quotidiano nazionale, Repubblica, riporta una considerazione circa l’università di Siena che suona quasi come una sentenza: «soltanto Pisa emerge come centro di ricerca di buon livello nel panorama nazionale. Questo quadro suggerisce una riflessione: è inutile fare appello alla gloriosa tradizione e declamare l’eccellenza su tutti i fronti, le tre università debbono individuare la loro vocazione: Firenze può ambire ad essere una università generalista di buon livello, Pisa un centro di eccellenza nella ricerca scientifica, Siena un università specializzata nella didattica di primo livello.»

Siena relegata alla “didattica di primo livello”: che ne pensa di un simile programma, evidentemente non scaturito spontaneamente dalla penna di un giornalista, il gruppo che con continuità guida l’ateneo da molti anni (che poi, in un senso più esteso, è anche il gruppo che guida la città)? Credo che chi non ha la fortuna di andare in pensione a breve (e, paventando il recapito della “busta arancione”, medita che forse anzi non ci andrà mai) abbia almeno il diritto di sapere grosso modo per cosa si affanna e quale sarà il proprio destino, dopo dieci anni di congelamento nel freezer a far finta di essere ancora un “giovane ricercatore”. In vari messaggi precedenti avevo modestamente espresso la seguente opinione:

1) Trovavo ipocrita che si parlasse de “l’università di Siena”, come se niente fosse cambiato dal 2007 ad oggi. Vi sono aree scientifiche che Siena non è più in grado di sostenere, perché non può, né potrà per almeno vent’anni recuperare nemmeno la metà della metà della gente che è andata via. Considerato che in certi specifici ambiti ciò non accade solo a Siena, tra gli atenei toscani, e che non è un corretto uso delle risorse umane quello di mettere gente a fare ciò che non sa e non dovrebbe fare e non consentirgli di fare ciò che deve fare (vedi capitolo ANVUR e VQR) e che saprebbe fare, mi ero pertanto permesso (citando l’art. 3 della riforma Gelmini) di avanzare sommessamente una proposta.

Sostenevo che forse avrebbe più senso, alla luce della sbandierata regionalizzazione, concentrare i docenti in esubero di queste aree dismesse in poli regionali – limitatamente, ripeto, a questi casi di conclamata ed irrecuperabile insostenibilità – dotati di quella “massa critica” necessaria affinché parole come “eccellenza” e “ricerca” abbiano un significato non eufemistico. Ebbene, questo, in genere, non si è fatto, se non limitatamente ad alcuni dottorati sponsorizzati dalla regione: tra burocrazia kafkiana che pesa come una palla al piede e gelosie particolaristiche delle immarcescibili baronie, il discorso è stato affossato. Mi domando dunque come si possa pensare a progetti di più ampio respiro, guidati da una regia centrale regionale, se non si è stati capaci nemmeno di realizzare obiettivi minimali di collaborazione, peraltro previsti dalla riforma.

2) Altra e totalmente diversa cosa è dire che Siena deve diventare tout-court una sorta di fattrice atta a produrre diplomati triennali (in inglese si dice “teaching university”) ad uso degli altri atenei, rinunciando perciò in ogni campo alla ricerca e all’eccellenza: dunque anche in quei settori non troppo, o non ancora investiti dalla crisi dove l’ateneo si distingue a livello nazionale e non solo. Continuare cioè a devastare il proprio patrimonio di eccellenze puntando dritto a divenire un’università di serie B (anche se pubblicamente si va affermando il contrario) in nome di un progetto vago concepito non si a bene in quali antri. Oppure (versione edulcorata del medesimo progetto di riduzione a sede distaccata) irrealisticamente pensare che si debbano mantenere un paio di settori d’eccellenza al massimo, e tutto il resto, cioè una buona parte dell’ateneo, mandarlo in malora.

Insomma, una cosa è collaborare in un reciprocamente vantaggioso “do ut des” tra il cieco e lo zoppo in quanto università pubbliche e dipendenti dello stato, un’altra cosa è sottomettersi del tutto, rinunciando al proprio rango e alla propria autonomia. In ogni caso sarebbe grazioso il parlar chiaro. A me pare che si fosse partiti, plausibilmente, discutendo della possibile attuazione del punto (1), ma si stia pericolosamente scivolando fino ad accettare le premesse del punto (2), come attesta l’articolo su Repubblica. La ridotta mole di un ateneo che si avvia a diventare grande un terzo di quelli vicini, tra i quali spicca un grosso “hub” pisano che risucchia nella sua orbita ciò che vi è intorno, danno adito al sospetto che tutto sia già deciso. Perché in fondo, ritengono alcuni (a torto), è un programma più facile da attuare: basta non fare niente e que sera sera…

Le bugie di Riccaboni e Frati sui bilanci dell’Università di Siena

DuoseneseDi seguito la trascrizione integrale della prima parte dell’intervista di Orlando Pacchiani (per Radio Siena TV) ai candidati rettori, nella trasmissione Siena Diretta Sera del 19/05/2016. Per il momento si riporta solo il primo tema, quello relativo ai bilanci e allo sbandierato risanamento operato da Riccaboni e Frati. Su questo argomento la domanda sarebbe facile: «il bilancio consuntivo 2013 è falso o no?». Se la risposta è sì, ricordo che per la stessa ragione sono sotto processo, presso il Tribunale di Siena, i due precedenti rettori, tre direttori amministrativi e quattro revisori dei conti. Ricordo, infine, che la domanda è stata posta per la prima volta il 14 maggio 2015, specificando, in quella sede, che è stato certificato, per il bilancio unico dell’esercizio 2013, un avanzo di competenza di 6,91 milioni d’euro, ottenuto mediante una non corretta e impropria allocazione degli importi corrispondenti alle partite di giro. L’esordio del candidato Frati, nell’intervista, è un impegno al quale non può sottrarsi; dichiara, infatti: «fortunatamente sul bilancio contano i dati e non le opinioni!» Ebbene, aspettiamo questi dati, che confutino definitivamente il sospetto che il bilancio 2013 sia stato ritoccato, con evidenti effetti anche sugli esercizi successivi.

Orlando Pacchiani. Io introdurrei già il primo tema che un po’ è stato al centro del dibattito sull’Università negli ultimi anni. È stato anche al centro di situazioni giudiziarie e, comunque, molto dibattuto, che è il tema del bilancio e quindi del risanamento del bilancio delle Scotte. Il rettore Riccaboni lo pone come uno dei punti di forza del suo mandato. Qualche osservatore, in realtà, fa notare che si potrebbe discutere su questo risanamento, perché ci sono delle partite importanti che si sono giocate sul Policlinico delle Scotte (con la Regione) e sul San Niccolò. Però, ecco, qual è la vostra opinione su questo tema del bilancio?

Francesco Frati. Fortunatamente sul bilancio contano i dati e non le opinioni! I nostri dati dimostrano che da tre anni il bilancio consuntivo dell’Università – 2013, 2014 e 2015 – si è chiuso con un utile. Anche il bilancio preventivo 2016 ha registrato un utile; è stato apprezzato anche dal Collegio dei revisori dei Conti che hanno approvato la relazione del rettore e il relativo bilancio. Quindi, possiamo dire che, al momento, noi ci troviamo in una situazione di bilancio risanato e di un bilancio che ci consente, mettendosi al pari di tutte le altre università, di poter programmare degli investimenti. Sono quegli investimenti che saranno necessari per proseguire la fase di consolidamento del rilancio iniziato negli ultimi anni e che inevitabilmente dovranno tracciare la strada della futura guida politica di quest’ateneo per il prossimo mandato di sei anni. Io credo che tutta la Comunità universitaria debba essere orgogliosa dei risultati raggiunti in questi sei anni perché l’obiettivo del risanamento e del raggiungimento del pareggio di bilancio non era assolutamente un obiettivo facile da raggiungere e, se ce l’abbiamo fatta, è grazie alla coesione, al senso di appartenenza dell’intera comunità che ha superato i periodi più critici e che ha traghettato sostanzialmente l’Ateneo verso questa nuova fase. La nuova fase si apre adesso e sarà una fase che, proprio sulla base di un bilancio risanato, potrà prevedere degli investimenti e saranno quegli investimenti che consentiranno il consolidamento della fase di rilancio dell’Ateneo.

Alessandro Rossi. Cosa aggiungere…! Mi sembra che ha accennato precedentemente alle questioni delle Scotte piuttosto che agli investimenti che la Regione Toscana ha fatto sulla nostra Università. Io credo che sia il momento di dare valore alle soluzioni più che ai problemi. C’è una ricca stampa che affronta criticamente il problema del bilancio, io penso che ci dobbiamo limitare ai numeri e non alle illazioni o alle suggestioni.

Felice Petraglia. Ma, io sono felice, di nome e di fatto, di sentire che siamo stati tutti coinvolti in questo risanamento! Chiaramente va riconosciuto anche all’ultima parte della precedente gestione d’aver fatto, appunto, la vendita del San Niccolò e delle Scotte. Quindi gli ultimi sei anni sono serviti a corroborare una situazione che già era stata presa in oggetto e che sicuramente è andata a migliorare, anche se ci sono delle situazioni nel bilancio, per esempio, i mutui, il patrimonio netto, che non fanno sì che ci sia proprio tanta cash, tanto liquido di soldi in cassa. Quindi, ha ragione, il Prof. Frati, a dire che sicuramente stiamo meglio di sei anni fa e meglio di dodici, però sicuramente non credo ancora ci sia una situazione di finanza, di disponibilità tale da poter fare investimenti molto importanti.

Pubblicato anche da:
il Cittadino online (23 maggio 2016) con lo stesso titolo.
Bastardo Senza Gloria (23 maggio 2016) con lo stesso titolo.

Il caso Pannella: un paradigma italiano

Adelaide Aglietta e Marco Pannella

Adelaide Aglietta e Marco Pannella

In vita lo silenziarono
Gli ordini sono ordini: Pannella no
(da: Il Fatto Quotidiano, 22 maggio 2016)

Furio Colombo. (…) quando e dove questo Marco Pannella, adesso al colmo della celebrazione, abbia mai messo mano alle vicende, leggi o cambiamenti della vita italiana. Il suo caso è di estremo interesse (…) per ciò che è avvenuto in vita. Pannella non doveva apparire nei mezzi di comunicazione di massa, e non è mai apparso. Pannella non doveva parlare, benché fosse il più prolifico e sorprendente oratore politico del Paese, e non ha mai parlato, salvo frammenti di frasi isolate dal contesto.

Gli ascoltatori di Radio Radicale ricordano le meticolose ricerche nella mattutina rassegna della stampa di Bordin. Dopo un evento a cui Pannella aveva inteso dedicare una rivoluzione culturale (come “il diritto alla conoscenza” oppure “lo Stato di diritto” invece del “diritto di Stato”, oppure l’invocazione per la salvezza di un popolo) il giornalista accantonava una dopo l’altra le grandi testate, e doveva quasi sempre concludere che no, sui radicali oggi non c’è alcuna notizia. Impossibile non pensarci vedendo sfilare direttori e colleghi giornalisti di fronte alla salma dell’appena defunto leader radicale, dicendo al microfono, subito disponibile, almeno qualcuna delle cose che in 40 anni non sono mai state dette, e anzi fingendo che gli eventi a cui quelle parole si riferivano non fossero mai avvenuti.

Gli ordini sono ordini, ora da destra e ora da sinistra. Ma Pannella deve stare fuori. E il vero successo che oggi stiamo celebrando e che merita attenzione, perché è un fenomeno ben radicato, non sono tutte le cose (diritti, difese, rivelazioni, affermazioni, impegni internazionali) che Pannella è riuscito a realizzare nonostante tutto. Ma il fatto che, nonostante tutto, un enorme richiamo politico, una straordinaria capacità di toccare il punto in anticipo, una vena profetica e una di naturale e fortissima empatia per il mondo estraneo al potere a cui si rivolgeva (ma anche una straordinaria inclinazione pedagogica per i capi partito che il leader radicale si ostinava a tentare di salvare), Pannella è stato lasciato fuori da ogni canale di comunicazione del Paese e privato di ogni contatto con la grandissima maggioranza degli italiani.

Il vero capolavoro è che ci siano riusciti. Sempre. Per ogni decennio del lavoro instancabile di un grande politico ricco di intuizione istantanea, di abilità strategica, di anticipazione del dopo, di una straordinaria visione del contesto, Pannella ha avuto le sue rivincite, e in molti casi impossibili è riuscito a imporre qualla che lui vedeva (e che era) la sola strada possibile. (…) Il vero capolavoro è la sistematica eliminazione di voce, presenza e azione nella vita di un grande Paese. (…) Il fenomeno ha due aspetti che riguardano entrambi le condizioni della nostra democrazia: il silenzio di Pannella è stato ordinato (Chiesa, Stato, interessi organizzati, necessità di eliminare l’obiezione intelligente). Il silenzio di Pannella è stato eseguito, nel senso che praticamente tutti, nella vita pubblica italiana, hanno osservato quel silenzio come se si trattasse di un normale dovere civico.

Non si ricordano importanti violazioni del comandamento. Ma si sono visti rendere omaggio, anche con dichiarazioni vibranti davanti alla salma, coloro (tutti) che hanno eseguito scrupolosamente la linea di partito del silenzio su ogni iniziativa radicale. Pannella è stato un grande e nuovo uomo politico italiano. Perciò conta molto l’operazione della perfetta esclusione della vita pubblica. È una operazione fondata sulla disciplina, senza se e senza ma, di direttori, commentatori, cronisti, che scrivono volentieri solo ciò che si può scrivere. (…)

Siena: le prime cinque domande dei 5 stelle ai tre candidati rettore

Felice Petraglia - Alessandro Rossi - Francesco Frati

Felice Petraglia – Alessandro Rossi – Francesco Frati

Logo5stellesienaLettera aperta ai “magnifici” candidati (meetup 20/05/2016)

Fra non molto l’Università di Siena eleggerà il nuovo Rettore. In considerazione del fatto che si tratta di un ruolo fondamentale per il futuro della città, crediamo giusto rivolgere ai candidati alcuni quesiti. Questi sono i primi cinque, tanto per cominciare …

1. il 4 novembre 2004 l’Università di Siena ratificò, insieme a molte altre Università italiane, la Convenzione di Messina sull’Open Access: “verso l’accesso aperto alla letteratura di ricerca“, riconoscendo e sottoscrivendo la Dichiarazione di Berlino. A distanza di 12 anni non sembra che l’Ateneo senese abbia fatto molto in termini di Open Access che, lo ricordiamo, prevede due clausole fondamentali per la divulgazione dei prodotti della ricerca sviluppati all’interno dell’Ateneo usufruendo di risorse pubbliche:
a) L’autore(i) ed il detentore(i) dei diritti relativi a tale contributo garantiscono a tutti gli utilizzatori il diritto d’accesso gratuito, irrevocabile ed universale e l’autorizzazione a riprodurlo, utilizzarlo, distribuirlo, trasmetterlo e mostrarlo pubblicamente e a produrre e distribuire lavori da esso derivati in ogni formato digitale per ogni scopo responsabile, soggetto all’attribuzione autentica della paternità intellettuale (le pratiche della comunità scientifica manterranno i meccanismi in uso per imporre una corretta attribuzione ed un uso responsabile dei contributi resi pubblici come avviene attualmente), nonché il diritto di riprodurne una quantità limitata di copie stampate per il proprio uso personale.
b) Una versione completa del contributo e di tutti i materiali che lo corredano, inclusa una copia della autorizzazione come sopra indicato, in un formato elettronico secondo uno standard appropriato, è depositata (e dunque pubblicata) in almeno un archivio in linea che impieghi standard tecnici adeguati (come le definizioni degli Open Archives) e che sia supportato e mantenuto da un’istituzione accademica, una società scientifica, un’agenzia governativa o ogni altra organizzazione riconosciuta che persegua gli obiettivi dell’accesso aperto, della distribuzione illimitata, dell’interoperabilità e dell’archiviazione a lungo termine.
Nel bilancio dell’Ateneo Senese la spesa per l’accesso alle riviste scientifiche assume un ruolo preponderante nel capitolo delle uscite, vedendo talvolta l’Ateneo costretto ad acquistare i lavori dei suoi stessi ricercatori.
Nel caso fosse eletto Magnifico Rettore, come intende perseguire gli scopi citati nella Dichiarazione di Berlino e nella conseguente Convenzione di Messina per ridurre i costi relativi all’acquisto dell’editoria scientifica?

2. Rispetto alle altre due università toscane – Pisa e Firenze – l’Ateneo senese si trova in una condizione di incertezza per la sua collocazione nel contesto regionale. Come ha recentemente dichiarato il Prof. Emilio Barocci in una intervista, “[…] Siena è invece un boxeur che è appena andato ko, si è ripreso ma ancora non sa bene quale futuro potrà avere”. Qual è la sua visione ideale di collocamento dell’Ateneo senese nel contesto formativo universitario regionale ?

3. Prosegue, se pur a rilento, l’inchiesta sul “buco di bilancio” di cui è stato protagonista l’Ateneo negli anni 2004-2007, dove risultano attualmente 14 indagati tra cui i due ex rettori Piero Tosi e Silvano Focardi, imputati a vario titolo di abuso d’ufficio, falso ideologico e peculato. Il “buco” di cui si parla è una cifra enorme, circa 200 milioni di €, faticosamente ripianati con importanti sacrifici economici da parte dell’intera struttura e con il conseguente innalzamento delle rette che gli studenti devono pagare per studiare nell’Ateneo.
Nel processo, l’Università di Siena si è costituita parte civile: nel caso la Procura dovesse confermare le ipotesi di reato, come utilizzerebbe i risarcimenti che – auspicabilmente – potrebbero arrivare ?

4. L’Università di Siena è una tra le più antiche d’Europa, nata nel 1240 dalle scuole di Medicina e Diritto: ancora oggi l’Area Biomedica sembra essere un importante motore trainante per l’intera istituzione, tanto da riuscire – almeno così si dice – ad eleggere un Rettore. Fermo restando che due dei tre candidati provengono proprio dall’Area Biomedica, considerando inoltre le dichiarazioni più volte rilasciante anche dal Governatore Rossi sull’intenzione di realizzare a Siena un importante polo di Ricerca per le Scienze della Vita (Tuscany Life Science) alle quali però si susseguono “attacchi” e depotenziamenti alla sanità senese, come vede il futuro dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese e, soprattutto, come si riuscirà a renderla sostenibile economicamente?

5. Al di là degli eventi e dei proclami di questi ultimi anni, i dati indicano una progressiva diminuzione del numero degli studenti e riduzione costante delle matricole. I dati, sempre nel contesto toscano, parlano chiaro: gli immatricolati delle lauree di primo livello negli ultimi 10 anni sono rimasti stabili a Pisa, diminuiti del 14% a Firenze e precipitati a –62% a Siena.
Se venisse eletto Rettore, quali politiche intende attuare per rendere più accattivante l’Ateneo senese e provare ad invertire la tremenda spirale al ribasso delle iscrizioni?

Ricordando Marco Pannella

Divorzio

Il padre (Leonardo) e la madre (Andrée Estachon) all'uscita dal seggio nel 1979

Il padre (Leonardo) e la madre (Andrée Estachon) all’uscita dal seggio nel 1979

Pannella2Marco Pannella. «Non mi batto per il detenuto eccellente, ma per la tutela del diritto nei confronti del detenuto ignoto.» L’ultimo messaggio: «ragazzi, niente tristezza, non mollate mai, sappiate che alla fine abbiamo vinto noi».

Emma Bonino. Non ha mai avuto in vita i riconoscimenti adeguati, nessuno glieli ha mai attribuiti. Ma penso che una riflessione su quello che ci ha lasciato e ci lascia di che cosa è, e che cosa dovrebbe essere la politica, la passione, l’impegno, anche il suo modo di essere, la sua irruenza, il suo modo, appunto, di non presenza dello spettacolo ma per rompere dei conformismi così incrostati debba far riflettere molto i nuovisti dei giorni nostri. Ci mancherà e mancherà a questo Paese, più che a noi radicali che lo abbiamo imparato, digerito, fatto nostro, il senso delle istituzioni, il senso delle regole, il senso del rispetto dell’altro, il senso dello stato di diritto che, ovviamente, serve ai più deboli, ai più fragili, perché i potenti lo ritengono, molto spesso, un intralcio. Molti riconosceranno o diranno di lui che aveva il senso dello spettacolo, dello sberleffo, del pretesto; non è così. Era molto più profondo, questo suo modo di usare il corpo, per esempio, nella conseguente prassi della nonviolenza. Ci sono molte cose da scavare, molte cose che rimarranno in questa società, in questo paese che poco l’ha riconosciuto o meglio molto l’ha amato, ma poco, certamente, ne ha riconosciuto i meriti. Marco non era un mediocre, era un grande nelle sue intuizioni e anche nelle sue debolezze. A noi radicali ha insegnato molto, quasi tutto. A questo paese ha insegnato davvero molto e la classe politica dirigente, per esempio, potrebbe trarne grande ispirazione, nel senso che la politica è impegno, è visione, è credibilità, è coerenza; cose che a volte, anzi molto spesso sono dimenticate. Per il momento la mancanza, il dolore, ma la consapevolezza grave che mancherà veramente a tutti.

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Eugenio Montale. Dove il potere nega, in forme palesi ma anche con mezzi occulti, la vera libertà, spuntano ogni tanto uomini ispirati come Andrej Sakharov e Marco Pannella che seguono la posizione spirituale più difficile che una vittima possa assumere di fronte al suo oppressore: il rifiuto passivo. Soli e inermi, essi parlano anche per noi.

Marco Cappato. Riconoscenza e amore per te che mi hai rivoluzionato la vita. Essere speranza invece di “avere”: non me ne scorderò.

Marco Perduca. Per una volta, forse l’unica, nella storia dei “coccodrilli” i riconoscimenti per le lotte di Pannella saranno tutti meritati – tutti.

Roberto Saviano. Addio Marco, sembrava che nulla potesse fermarti e in qualche modo non lo farà la morte.

Vittorio Sgarbi. Gli hanno negato il rango di Senatore a vita preferendogli pizzicagnoli inutili.

È morto Marco Pannella

Marco-Pannella

Lo ricordiamo così: la vita e le battaglie (da Radio Radicale).

Alcune riflessioni sul programma del candidato rettore Felice Petraglia

OmbraSiamo alla resa dei conti, la crisi non è superata, come scioccamente asseriscono le gazzette. I movimenti dietro le quinte sono inquietanti e “il problema è politico”

Rabbi Jaqov Jizchaq. Scrive Petraglia nel suo programma: «Dobbiamo entrare nella classifica delle migliori Università in Europa (Top100 Ranking Web Universities), migliorando nel contempo la posizione nelle classifiche mondiali Times Higher Education World University Ranking (400-500), nel Google Scholar Citation (391) e nel QS World University Ranking (701).»

Come non essere d’accordo? Vorrei pure vedere chi sostiene il contrario! Il problema, alla luce di quanto detto in precedenza, è come, e se questo sforzo di volontà basterà a invertire la tendenza ad una sempre maggiore marginalizzazione di Siena. Come fai a «potenziare decisamente la qualità delle nostre capacità di ricerca in tutte le aree», se ti avvii a perdere il 40% del corpo docente un po’ a casaccio, riducendoti ad un terzo dei tuoi ingombranti vicini, in un contesto che vede in atto (benché con le ambiguità e irresolutezze che ho cercato di evidenziare) una tendenza alla costituzione di pochi grossi poli regionali?

Come fai a competere con atenei italiani, che hanno tre o quattro volte più ricercatori di te e tutti i comparti scientifici in grande spolvero, per le prime cento posizioni nelle graduatorie europee della ricerca? Finanziamento privato degli atenei: come fai ad attrarre significativi nuovi finanziamenti, in una misura tale da invertire la sorte? E se dobbiamo puntare (come in certa misura è giusto fare) sui finanziamenti privati, quale privato investirà nei settori delle scienze pure e del sapere speculativo in genere, che non si traduce immediatamente in soldoni? Sono aree destinate ad essere cancellate per sempre da Siena? Ma non eravamo la “capitale della cultura” 😦 ?

Giustissimo e condivisibile l’obiettivo di aumentare le collaborazioni internazionali (Doppio titolo, Cooperazioni bilaterali), ma quale dote porti – debiti a parte – a questi matrimoni, che ovviamente non sono d’amore, ma di convenienza? Loro vorranno fidanzarsi con te? E basterà questo per invertire la rotta, o sarà solo un eroico, ancorché velleitario remare contro corrente? Voglio dire, quelle che suggerisce Petraglia sono tutte condizioni necessarie per continuare a galleggiare, ma sono anche condizioni sufficienti per affrontare la navigazione in mare aperto alla scoperta di nuovi orizzonti?

Non so se localmente sarà possibile sciogliere questi nodi: è la politica universitaria che deve decidersi a dire in che direzione vuole andare: i grossi “hub”? Allora, per favore, che si proceda, facendosi carico dei problemi che una scelta del genere ti chiama a risolvere; non che puoi dire: “qui bisogna operare”, addormentare il paziente, effettuare il taglio e poi andartene senza richiudere. Vuoi navigare in mare aperto, ma per adesso, leggendo l’articoletto di Repubblica, si evince che in “alto loco” la vedono diversamente da quanto si legge nei programmi di Petraglia, Rossi e Frati e la politica ti riserva solo un ruolo d’imbarcazione da piccolo cabotaggio.

Dice Petraglia: «L’aumento degli studenti e dei docenti contribuirà a portare nuova energia alla città potenziando le sue risorse». Sì, ma il punto è come fai da ora in poi ad aumentare gli uni e gli altri. Per adesso hai chiuso metà delle magistrali e metà delle triennali, raso al suolo i dottorati, perduto 6.000 studenti, perduto 350 docenti, altri 100 circa ti avvii a perderne e il turnover è al palo. Le condizioni di bilancio, ancorché migliorate, non ti consentiranno di schiodarti per un bel pezzo e di rimpiazzare significativamente le perdite. Insomma, anche qui, un programma condivisibile, ma la cornice di fondo non è chiara. Siamo alla resa dei conti, la crisi non è superata, come scioccamente asseriscono le gazzette. I movimenti dietro le quinte sono inquietanti e “il problema”, come si diceva una volta, “è politico”…